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Comunicazione al prefetto e via: ripartite 6 mila aziende in Sicilia, quasi 500 nel Ragusano

Sono quelle imprese considerate non essenziali ma collegate alla filiera produttiva dei servizi e prodotti indispensabili. Potevano rimanere aperte ma non l’avevano fatto

(22 aprile 2020)

Sono 6.050 le imprese ripartite in Sicilia (quasi 500 in provincia di Ragusa) nelle ultime due settimane, previa comunicazione di ripresa dell’attività alle Prefetture. Sono le aziende non inserite dal governo fra quelle necessarie ma che hanno un legame commerciale con le filiere che non si sono mai fermate e che, pur non rientrando nell’elenco di attività considerate indispensabili, sono fondamentali per non fermare la parte di economia siciliana ancora in movimento. La “resistenza” delle imprese ancora aperte è formata dalle aziende della filiera alimentare, dai depositi di stoccaggio, da grossisti e trasportatori, dal comparto sanità, delle aziende che vendono (la maggior parte online) apparecchiature elettroniche e da tutte le attività considerate funzionali ai servizi pubblici essenziali.

Queste imprese si aggiungono alle 44.800 attività in tutta la Sicilia che già potenzialmente potevano restare aperte per garantire i servizi minimi alla popolazione. Fra quelle individuate dal decreto del presidente del Consiglio non tutte però hanno deciso di continuare a lavorare a causa della riduzione della clientela. Camere di commercio e sindacati valutano in un 20 per cento le aziende che pur potendo rimanere aperte, hanno scelto di chiudere.

Tolte quelle che hanno scelto di chiudere, oggi in Sicilia hanno riaperto i battenti prima della fine della “quarantena produttiva” il 10 per cento delle 466mila imprese censite da Unioncamere Sicilia al 31 marzo. Un valore molto lontano da quello di Emilia-Romagna e Veneto che, pur avendo una situazione sanitaria molto più grave di quella siciliana, contano decine di migliaia di aziende ripartite con l’escamotage della comunicazione al prefetto.

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