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La memoria di Pio la Torre, nel suo sacrificio è scolpito l’esempio della vera ‘Antimafia’

Nel 38° anniversario dell’assassinio, un’indagine del Centro studi: 3 giovani su 4 pensano che i ‘boss’ facciano parte dello Stato e 9 su 10 non si fidano dei giornalisti

(29 aprile 2020)

Domani, 30 aprile, ricorre l’anniversario, il 38°, dell’uccisione di Pio la Torre per mano della mafia. A La Torre, dirigente politico siciliano del Pci e parlamentare, la Sicilia e l’Italia devono risultati storici come le leggi che portano il suo nome sulla confisca dei beni e la configurazione del reato di associazione mafiosa che, anni dopo, si rivelarono gli strumenti preziosi per infliggere alla mafia colpi durissimi (basti pensare al maxi processo) che altrimenti non sarebbero stati possibili. A La Torre è intitolato l’aeroporto di Comiso, nato sulla riconversione ad usi civili dell’ex base missilistica contro la quale l’esponente politico pacifista si batté con tenacia organizzando e guidando manifestazioni con centinaia di migliaia di persone.

E il centro studi Pio la Torre ha promosso un’indagine per capire quale sia oggi la coscienza diffusa della lotta alla mafia. Ecco i risultati.

Le responsabilità delle istituzioni, il lavoro che non c’è, l’informazione che corre sui social, il bullismo e l’ambiente da salvare: sono le inquietudini che attraversano gli studenti interpellati nell’indagine sulla percezione mafiosa condotta dal centro studi Pio La Torre che sarà presentata domani 30 aprile. Un modo per onorare l’impegno portato avanti da Pio La Torre e Rosario Di Salvo, assassinati dai killer della mafia 38 anni fa.

Il questionario è stato somministrato a un centinaio di scuole che da tutta Italia hanno partecipato al Progetto educativo antimafia e antiviolenza promosso dal centro, e non sono mancate le novità. I risultati dell’indagine saranno discussi giovedì prossimo dalle 10 in una videoconferenza che sarà trasmessa in streaming sul sito www.piolatorre.it e sul Portale Ansa Legalità.

Due ragazzi su tre sono certi che lo Stato non fa abbastanza per sconfiggere le mafie, tre su quattro sono convinti che i boss fanno parte dello Stato e, a tratti, lo guidano. Per oltre l’87% dei giovani il rapporto tra mafia e politica è “molto forte” o “abbastanza forte”, al punto da vedere nella corruzione della classe politica le ragioni della sua diffusione al Nord (56,89%) e nella corruzione della classe dirigente le ragioni della sua sopravvivenza (50,74%). Infine, il rapporto con l’informazione: solo un ragazzo su 10 si fida dei giornalisti, appena il 4,63% legge i quotidiani cartacei, il 22,67% si affida a quelli on line, mentre un folto 57,49% preferisce la tv, e ben il 76% per informarsi attinge ai social network – Instagram su tutti (91,93%) -, ponendo un’ombra lunga sul pluralismo delle fonti e la verifica delle fake news.

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