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Turismo a Ragusa: tutti ne parlano, pochi lo fanno davvero

E' una terra che non ha nulla da invidiare ad altre, quella Iblea. Anzi. Eppure di turismo è difficile vivere, e i giovani scappano. Perché?

(2 maggio 2019)

Dici Ragusa e pensi a distese serricole e mare cristallino. Più o meno, dipende dalle zone.

Pensi a dune sabbiose e strutture ricettive moderne e accoglienti, più o meno. Dipende sempre dalle zone.

Pensi a tavole ricolme di ogni prelibatezza, dal dolce al salato, e questo no, non dipende dalle zone, proprio come il calore, l’accoglienza, il pregio dei paesaggi e dell’architettura liberty e barocca che ha fatto innamorare pure il Commissario Montalbano.

Pensi a tutto, ma di sicuro non pensi a quanto sia facile arrivare, muoversi, ripartire. Siamo l’unica provincia in Italia senza un chilometro di autostrada, e per arrivare (se non si atterra a Comiso) bisogna farsi il segno della croce, date le condizioni delle strade, la famigerata SS 514 Ragusa – Catania, in primis. Vorremmo soffermarci sul progetto per il raddoppio, ma finiremmo per scadere nell’ovvio dicendo che i cittadini sono stanchi di essere presi in giro da governi di centro, di destra e di sinistra, e che sarebbe il caso che ce lo dicessero a chiare lettere, a questo punto, se da Roma non hanno intenzione di metterci mano.

Si potrebbe continuare parlando delle condizioni delle arterie interne, oppure spendere qualche parola per la “costruenda” autostrada Siracusa – Gela. Mettiamo le virgolette volutamente su “costruenda” perché letteralmente significa “in fase di costruzione”. Peccato che lo sia da 50 anni e che, nel frattempo, sia arrivata solo a Rosolini, con un progetto sulla carta fino a Modica e un cantiere che ha sventrato il territorio ispicese. Stop, fa già rabbrividire così.

Abbiamo due bei porti, Marina di Ragusa e Pozzallo (più altri minori), ma di certo non vi attraccano le navi da crociera, e un aeroporto a Comiso che, secondo l’AD di SAC, Nico Torrisi, non solo non chiuderà, ma “saranno fatti degli investimenti e nel giro di 12/24 mesi diventerà la seconda pista di Catania con un traffico di oltre 1 milioni passeggeri”. Pazienza, quindi. Abbiamo pazientato per decenni, possiamo anche continuare per 12/24 mesi.

Insomma, per farla breve, se dici Ragusa non pensi alle infrastrutture, ed è sicuramente il limite principale per chi vuole fare turismo e investire sul turismo. Eppure, l’impressione è che tutti parlino di turismo. L’espressione “promozione del territorio”, se si potesse monitorare, siamo sicuri che risulterebbe tra le più digitate nel suggestivo Val di Noto, usata tanto da persone titolate e qualificate, che hanno tutto il diritto di trattare il tema, quanto da chi ha trovato in essa un angolino nel quale sistemare una comoda poltroncina. Allargando la riflessione a tutta l’Isola, le cose di certo non vanno meglio se perfino il Sadirs, il sindacato dei dipendenti regionali, denuncia che quest’estate tanti musei rischiano di restare chiusi per mancanza di personale. Di contro, è stata annunciata la nascita di una rete (l’ennesima…) per la gestione e la promozione dei siti Unesco siciliani ( due naturalistici, il parco dell’Etna e le Eolie, e gli altri cinque culturali: l’itinerario arabo-normanno che comprende la cattedrale di Palermo, il Duomo di Cefalù e quello di Monreale, Ortigia e Siracusa, la Valle dei Templi di Agrigento, la valle del barocco e la villa del Casale di Piazza Armerina), al fine di mettere insieme tutti i soggetti pubblici, istituzionali e privati secondo un modello che sarà discusso durante un workshop di due giorni, nel week end che sta per iniziare, a Cefalù.

Lungi da noi l’idea di criticare qualcuno o azzardare riferimenti precisi, la nostra vuole essere solo una riflessione partita da recenti notizie divulgate, anche da noi di Ialmo, a mezzo stampa. Le parole dell’AD Torrisi già citate, ma anche quelle del Presidente di CNA, Giuseppe Santocono, che, nei giorni scorsi, ha detto che “è arrivato il tempo di pensare in grande e di offrire il Ragusano come destinazione turistica, mettendo a regime tutto ciò che riguarda l’indotto che si occupa di turismo, dalla ricettività all’intrattenimento, dalla logistica al trasferimento, dal marketing alla promozione”. Santocono, che, come noi, ci tiene a tracciare un solco ben preciso tra il dire e il fare, dice che si deve partire dall’individuazione di “figure professionali che fanno questo proprio di mestiere, il “Destination maker”. Figure che si occupano della promozione di un territorio sui canali più importanti per incrementare il numero dei viaggiatori, creando tutto ciò che serve, dalla grafica ai programmi, ai progetti, per attirare i visitatori”, ma poiché “individuare dodici professionisti per i dodici Comuni del nostro territorio potrebbe rappresentare uno spreco di risorse, si potrebbe utilizzare il sistema della collaborazione tra i Comuni”. Il presidente conclude annunciando di aver già condotto degli studi e individuato persone spendibili per questo progetto.

A Santocono ha risposto il direttivo del Centro commerciale naturale (CCN) Antica Ibla che dice: “Siamo lieti di non essere più soli su questo tema così importante per le sorti del nostro territorio”. Al “destination maker” della CNA, il CCN Antica Ibla affianca il “destination manager” ossia “colui che si occupa della promozione e del rilancio turistico di un dato territorio, ottimizzando l’utilizzo delle risorse umane ed economiche a disposizione, al fine di valorizzare le peculiarità culturali, ambientali ed enogastronomiche che costituiscono l’attrattiva turistica della destinazione stessa”. Una figura che però, da sola, per il CCN non basta, soprattutto senza l’elaborazione di un Piano Strategico del Turismo.

Tutti sembrano essere d’accordo sul fatto che il privato debba operare in sinergia con il pubblico, ma non sempre questa convivenza è semplice. Dal 2010, ad esempio, si è costituito il Distretto Turistico degli Iblei, riconosciuto dalla Regione Siciliana nel giugno 2012, e composto, per la parte pubblica, da ex Provincia Regionale di Ragusa, C.C.I.A.A., Camera di Commercio di Ragusa e Comuni di Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Ispica, Monterosso Almo, Pozzallo, Ragusa, Santa Croce camerina, Scicli, Vittoria, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone, Vizzini, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini; per la parte privata, invece, da Confturismo, Federalberghi, Confindustria, Confcommercio, F.I.P.E., Sindacato Provinciale dei Ristoratori, Consorzio Ibleo per il Turismo, Consorzio Sikula e Consorzio Costa Iblea.

Sul sito del distretto si legge che la mission è “il potenziamento, la qualificazione, lo sviluppo e la promozione dell’offerta turistica integrata del territorio degli Iblei”. Peccato che nel tempo abbia perso qualche pezzo, a cominciare dal comune di Modica che se ne è tirato fuori nel novembre 2018. Il motivo? Si pagano circa 8 mila euro l’anno, e i risultati, secondo gli amministratori della Contea, non sono poi così eccezionali.

Da anni si è maturata la consapevolezza che il nostro territorio non abbia assolutamente nulla da invidiare ad altri che, più piccoli e pure meno graziati da Madre Natura (vedi Malta), hanno saputo fare di necessità virtù e sfruttare al massimo quel poco che possiedono. Tutti lo sappiamo e tutti ce lo ripetiamo come un mantra, ma poi la gestione dei flussi resta sulla bocca di tutti e nelle mani di pochi. E così le strade cadono a pezzi, distese infinite di sabbia dorata e spiagge libere vengono sporcate e usate male, i locali a due passi dal mare finiscono col chiudere, le strutture ricettive scarseggiano e i giovani, che del turismo e del suo indotto potrebbero tranquillamente vivere, sono costretti a fare le valigie. Eppure, in passato, le esperienze vincenti ci sono state. In tanti hanno memoria degli “anni di gloria” di Scoglitti e Marina di Ragusa sul finire dei ‘90, quando, fino a notte fonda se non addirittura fino all’alba, i litorali erano animati e le mancate autorizzazioni non uccidevano intere stagioni. Non siamo noi a dirlo, non stiamo scoprendo l’acqua calda questa mattina. Ma da casa editrice che conosce bene la realtà nella quale opera, e che la racconta attraverso libri e documentari, parte un appello a parlare di meno e a lavorare di più. Manca pochissimo all’inizio dell’estate, per qualcuno la stagione è già iniziata. Alcuni enti hanno programmato, altri meno. Che questo articolo possa essere da pungolo affinché, in autunno, dati alla mano, si possa parlare di un territorio che ha vinto la sua sfida, nonostante i limiti pesantissimi e atavici che tutti conosciamo.

Valentina Frasca

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