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Qualità della vita, Ragusa è la migliore delle 9 province siciliane. Ma ne siamo sicuri?

In fatto di ambiente la provincia iblea è passata dalla posizione 100 alla 10. Com'è possibile? Ne abbiamo parlato con Andrea Dell'Agli, referente di Fare Verde

(21 novembre 2018)

Qualità della vita. Stando all’annuale classifica stilata da Italia Oggi e dall’Università La Sapienza di Roma, Bolzano è la città nella quale si vive meglio, Vibo Valentia quella dove si sta peggio. Sette i parametri tenuti in considerazione: affari e lavoro, ambiente criminalità, turismo, disagio sociale, servizi finanziari e scolastici, tenore di vita. E si scopre che in Sicilia, regione come sempre relegata nella seconda parte della classifica, la provincia nella quale si sta meglio è quella di Ragusa, all’86mo posto (ne ha perso uno rispetto allo scorso anno). Seguono Enna al 90esimo posto, Messina al 97esimo e Trapani al 99esimo. Dopo la posizione numero 100 si piazzano Agrigento (101), Palermo (106), e Siracusa (107). Chiude Catania in penultima posizione, la numero 109, cinque in meno rispetto allo scorso anno.

Puntando i riflettori sulla “virtuosa” Ragusa, c’è un parametro sul quale vale decisamente la pena accendere i riflettori, ed è quello relativo all’ambiente. La provincia iblea, infatti, avrebbe fatto un salto in avanti davvero notevole, passando dalla posizione numero 100 alla 10. Questi gli indicatori:

consumi idrici 5 (34 l’anno scorso)

produzione rifiuti urbani 34 ( 28 l’anno scorso)

consumi energia elettrica 35 (l’anno scorso addirittura 77!)

Ma che cosa è successo? I ragusani sono diventati, improvvisamente, tutti ambientalisti? Lo abbiamo chiesto al referente di Fare Verde, Andrea Dell’Agli, che, per prima cosa, quando legge i dati, risponde con una eloquente risata. “Sono molto scettico, queste indagini mi convincono sempre poco. Forse chi le commissiona e le esegue farebbe meglio a farsi un giro dalle nostre parti, per vedere con i propri occhi le discariche abusive, la spazzatura nelle strade, l’acqua che si perde, le fumarole di plastica e scarti vegetali lungo la fascia trasformata, le fosse per bruciare il polistirolo a tonnellate. E’ uno scenario preoccupante – continua Dell’Agli – eppure sembra che tutto questo non ci tocchi. Proprio non riusciamo a capire che dobbiamo ridurre il nostro impatto sul pianeta adesso, perché tra 10 anni sarà tardi. L’Europa, con le sue direttive, sta andando proprio in questa direzione e ci sta multando su tutto, ma a noi, in tema di rifiuti in primis, continuano a mancare una visione globale e l’impostazione culturale. Siamo abituati a consumare come se non ci fosse un domani e a cercare scuse per non differenziare, ma non capiamo che dobbiamo fare i conti con l’ecosistema, che in tutti i modi ci sta dicendo basta. C’è il futuro in gioco, ma noi tagliamo gli alberi, bruciamo i boschi e riempiamo il mare di plastica, mentre il clima cambia e la popolazione aumenta: e l’ossigeno da dove lo prenderemo?”.

Andrea, partiamo proprio dai rifiuti. Dei tre indicatori esaminati, la “produzione rifiuti urbani” è l’unico che perde posizioni, da 28 a 34, eppure è quello per il quale gli enti sembra si stiano impegnando di più. Cos’è che non funziona?

La qualità del servizio di raccolta differenziata è scadente, e c’è molta confusione. Tutti i comuni hanno fatto partire il porta a porta, ma si conferisce ancora molto in discarica, la spazzatura non viene raccolta in maniera ordinata e puntuale, la plastica non viene riciclata bene, e se la gente non sa dove vanno a finire i rifiuti e non è nemmeno sicura che tutto venga smaltito correttamente si scoraggia e lascia perdere. A Vittoria, ad esempio, il centro di compostaggio è ancora chiuso e l’umido non sappiamo dove vada a finire, la demotivazione cresce e i risultati si vedono.

Alla luce della recente polemica tra i due Vice Ministri sul caos rifiuti in Campania, la soluzione può essere rappresentata dai termovalorizzatori?

Non dimentichiamo che buona parte dei nostri rifiuti già finisce nei termovalorizzatori del nord, che producono diossine e ceneri industriali molto complicate da smaltire. Si tratta di impianti anacronistici, che forse avrebbe avuto un senso costruire 20 o 30 anni fa, non oggi. E, nonostante questo, se si investisse in sicurezza e manutenzione, potrebbero rappresentare una soluzione, come a Copenaghen, di cui si parla molto in questi giorni perché vi si costruirà sopra una pista per sciare. Ma in Danimarca sono molto puntigliosi e attenti, qui invece si dimentica che non si riesce a completare nei tempi neanche una strada, e per costruire un termovalorizzatore ci vogliono anni, mentre a noi serve una soluzione adesso.

Il termovalorizzatore di Copenaghen

Quindi? Qual è la via da percorrere?

Una sola: la cultura. Il pianeta non può più tollerare consumatori inconsapevoli che avvelenano se stessi e l’ambiente. Iniziamo a modificare i nostri comportamenti, il mondo è casa nostra, quando non avremo più aria da respirare e da far respirare ai nostri bambini che faremo? La politica non cambierà mai le cose, dobbiamo cambiare noi. Il territorio è nostro, la salute è nostra, e ogni piccolo cambiamento può generare un effetto domino.

I consumi idrici sono scesi da 34 a 5. A voi risulta una presa di consapevolezza tanto grande?

Onestamente no, non si capisce quali siano i parametri di riferimento di questa ricerca. La verità è che continuiamo a sprecare anche questa risorsa primaria. 

Sempre in tema di acqua, le fontane pubbliche potrebbero essere l’alternativa alle bottiglie di plastica che poi disperdiamo nell’ambiente?

Certo, l’acqua è ben controllata, i comuni sono molto attenti in tal senso. A Vittoria e Comiso ce ne sono diverse, a Ragusa c’è la casa dell’acqua, e noi stiamo spingendo per l’installazione di colonnine nelle scuole. Il mio consiglio è: evitate di bere dalle bottiglie di plastica, danneggiate l’ambiente e voi stessi perché la plastica rilascia sostanze tossiche nei liquidi. Chissà per quanto tempo l’acqua resta imbottigliata prima di essere utilizzata, magari anche esposta ad alte temperature.

Decisamente un consiglio semplice da seguire, quest’ultimo. Se tutti usassimo bottiglie di vetro, potremmo ridurre di molto e in poco tempo la pressione della nostra impronta sul pianeta che, magari qualcuno ancora non se n’è accorto, sta morendo. E’ proprio di ieri, ad esempio, la notizia di un capodoglio trovato morto in Indonesia. Nel suo stomaco c’erano 6 kg di plastica: 115 bicchieri monouso, 25 sacchetti, infradito, bottiglie, resti di corda di nylon e di materiali sintetici. La terra soffoca, e questo povero animale ne è l’emblema.

Il capodoglio trovato morto in Indonesia

Valentina Frasca

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