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Covid e anziani…gli eroi dimenticati

"La “terza età” ci lascia in massa, silenziosa, mesta, senza nemmeno l’ultimo abbraccio, l’ultimo saluto, l’ultima carezza, l’ultimo bacio"

(14 dicembre 2020)

Il Ministero della salute, già da tempo, aveva lanciato l’allarme: “Oltre 14 milioni di persone in Italia convivono con una patologia cronica e di questi 8,4 milioni sono ultra 65enni. Sono proprio loro, i pazienti doppiamente fragili per età e per patologie pregresse, che devono stare ancora più attenti di altri”. In effetti, in Italia e non solo, la maggior parte decessi per Covid riguarda in particolar modo gli anziani. Dai dati dell’ISS aggiornati al 2 dicembre 2020, in Italia su un campione di 55.824 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARSCoV-2 il numero di deceduti nei quali il Covid è la causa direttamente responsabile della morte varia in base all’età, con valori minimi nelle persone di età inferiore ai 50 anni e massimi nella classe di età  80-89 anni. Questo significa che dobbiamo proteggerli ma non isolarli, pensarli e non dimenticarli.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Daniela Iurato, insegnante ragusana di diritto.

“I nostri anziani sono i più colpiti dal Covid-19: questo è un dato incontestabile in ogni regione d’Italia, Sicilia compresa. “Persone non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che però vanno tutelate”, per dirla col governatore della Liguria Giovanni Toti, che ha cercato di rimediare all’impasse, scusandosi, ma senza riuscire ad evitare lo scalpore suscitato dalla sua offensiva affermazione nel giorno in cui le Regioni hanno incontrato il Governo in vista delle ulteriori necessarie misure più restrittive per fronteggiare l’inarrestabile seconda ondata del Coronavirus. E, guarda caso, proprio nel giorno in cui la Lombardia, il Piemonte e la Liguria avevano avanzato la proposta di limitare gli spostamenti degli over 70.

Inutili coloro che rappresentano la memoria storica dell’Italia! Hanno vissuto la guerra, tra macerie e privazioni, e gli anni del dopoguerra, quelli del boom economico, che li ha visti con le mani in pasta, laboriosi, attivi, risorsa preziosa per le nuove generazioni, a livello sociale, economico, culturale. E ancora oggi, li ritroviamo punto di riferimento in un contesto di crisi economica in cui le loro pensioni supportano le famiglie dei figli e
costituiscono l’unica prospettiva di sussistenza per loro e per i nipoti, l’unico sostegno per quelle nuove generazioni che faticosamente cercano di affacciarsi al mondo del lavoro. E che dire dei nonni e delle nonne baby sitter? Impegnati a tempo pieno, nello svolgimento di un lavoro sommerso che costituisce una risorsa non solo per il nucleo familiare di riferimento, ma per l’intera società. Una vita attiva che non può fare disconoscere
assolutamente il loro valore. Ma, se man mano, con l’invecchiamento, cominciano a diventare sempre meno autosufficienti, come può mai essere consentito considerarli fardelli, persone inutili? Per di più. in una società che li ha dimenticati, che destina loro pensioni basse, affitti sempre più alti (che spesso pagano al posto dei figli, così come i mutui), tagli della spesa sociale, servizi ridotti all’osso, tasse sempre più esose.

Questa preziosa dote finisce per essere relegata ai margini della società. Misconosciuta, sola, portatrice di valori e di saggezza, la popolazione anziana finisce per essere considerata scarto. E, in tempo di Covid, paga il prezzo più elevato in termini di mortalità e di accesso limitato alle cure. La “terza età” ci lascia in massa, silenziosa, mesta, senza nemmeno l’ultimo abbraccio, l’ultimo saluto, l’ultima carezza, l’ultimo bacio. Senza neppure l’ultimo grazie. Per i sacrifici con cui ha ricostruito questa nostra nazione, per il benessere che ci ha donato, per l’esperienza, per la pazienza, la resilienza, per il rispetto che ci ha insegnato ma non le è stato contraccambiato”.

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