Crisi, burocrazia, abusivismo: l’economia iblea sotto la lente d’ingrandimento della CNA

(12 ottobre 2018)

La burocrazia la intralcia, la crisi economica la blocca, la mancanza di infrastrutture la rallenta, la tassazione la soffoca. Eppure, la provincia di Ragusa resta una terra in cui l’imprenditoria si difende, combatte, e riesce a fare la differenza con la sua vivacità. La CNA calcola che, dal 2008, anno in cui la crisi si è acutizzata, almeno il 30% delle imprese ha abbassato la saracinesca per sempre. Per fortuna, di contro, in tanti hanno deciso di mettersi in gioco sul mercato, limitando i danni di questo trend negativo.

“Negli ultimi 10 anni – spiega Giuseppe Santoconopresidente territoriale della Confederazione Nazionale Artigiani di Ragusa – sono cambiate molte cose sul versante economico e politico – istituzionale, e molte imprese, soprattutto le più piccole, si sono arrese. La base, costituita da artigiani e piccoli imprenditori, si è impoverita, molti hanno chiuso per aprire fuori dai confini nazionali; altri, purtroppo, si sono rifugiati nell’abusivismo perché non ce l’hanno più fatta a pagare le tasse. A fronte di questa forte mortalità delle imprese, ce ne sono molte nuove che nascono. Il problema è che, senza aiuti, la maggior parte non riesce a resistere sul mercato per più di 2 – 3 anni”.

Continuando nell’analisi della situazione economica della terra iblea, Santocono delinea una provincia oramai divisa in due: “L’area modicana e ragusana sembra in ripresa, anche grazie al traino del settore manifatturiero; quella ipparina, che risente maggiormente della crisi agricola, continua ad essere in affanno. Tutto questo finisce per essere rispecchiato anche da quello che sta succedendo a livello infrastrutturale, non a caso il progetto per l’autostrada Siracusa – Gela si ferma a Modica”.

Presidente, entriamo un po’ meglio nel merito dei problemi, a cominciare dalla burocrazia. Si incontrano troppi ostacoli per avviare un’impresa in Italia, e al sud va anche peggio. Come Confederazione come vi state muovendo, in sinergia con le CNA di altri territori?

La burocrazia dovrebbe facilitare l’avvio di qualsiasi attività, ma in Italia, a differenzia di altri Paesi, continua ad essere un elemento frenante. E’ una zavorra, un macigno che schiaccia la volontà dei tanti giovani di scommettersi e investire, e che, al sud, può perfino nascondere forme di corruzione. Pensate che ci vogliono 72 adempimenti per aprire un bar, con costi enormi che variano da comune a comune e da regione a regione. Sin dagli anni ’90, nonostante ci siano stati una quindicina di interventi legislativi in materia, ultimo il decreto Madia che ha introdotto la SCIA, non si sono fatti passi avanti verso la sburocratizzazione, al contrario. Forse sarebbe meglio azzerare tutto e ripartire da zero piuttosto che rimaneggiare sempre l’esistente. Con la SCIA, ad esempio, si doveva semplificare, invece poi hanno iniziato a fare distinzione tra SCIA unica e condizionata, alla quale vanno aggiunte le norme regionali e comunali. Altra novità è stata l’introduzione dello sportello unico SUAP, ma molti enti non lo hanno mai accettato. Come CNA ci siamo intestati la battaglia a livello nazionale con il progetto “Comune che vai burocrazia che trovi”, che ha coinvolto 52 CNA territoriali in altrettante province, e tre giorni fa ne abbiamo parlato nel corso di un incontro a Roma durante il quale abbiamo denunciato le criticità e avanzato proposte risolutive. Con la digitalizzazione, per esempio, si potrebbe fare tanto, inserendo tutto all’interno di una banca dati all’interno della quale ogni ente può andare a prendere quello che gli serve.

La detassazione della Tari per i rifiuti prodotti dalle imprese. Nei giorni scorsi, c’è stato un incontro con il sindaco di Modica e in queste ore avete incontrato la triade prefettizia di Vittoria. Quali le vostre richieste?

Stiamo incontrando tutti i rappresentanti di ogni singolo comune, per parlare di tassazione comunale a 360 gradi e non solo di Tari. Vorremmo creare una rete per uniformare l’interpretazione della legge nazionale, che, in merito, è molto chiara: nelle aree in cui si producono rifiuti speciali, e quindi automaticamente già si paga per questi, non si deve pagare altro.

Sicurezza sulle strade. La provincia di Ragusa non solo ha il tasso di mortalità più alto dell’Isola, ma non sa neanche movimentare merci e persone. Come CNA avete annunciato studi specifici e chiesto l’ammodernamento della rete stradale, ma gli enti, a più livelli, sembrano rimpallarsi le responsabilità…

Quando abbiamo visto i dati che ci assegnano la maglia nera a livello regionale non ci credevamo, è una vergogna. Le nostre strade sono da terzo mondo, non adeguate alla ricchezza produttiva del nostro territorio. I camion che partono dal mercato ortofrutticolo di Vittoria, ad esempio, sono costretti a mettersi a rischio su strade strette, poco illuminate o al buio, non asfaltate bene. Lo abbiamo denunciato nel corso di un incontro, ma poi non siamo stati contattati da nessun ente, non c’è stata alcuna richiesta di incontri e/o di chiarimenti. Come possiamo pensare di rendere competitivo questo territorio, e di attrarre investitori e turisti, senza una viabilità veloce, snella e sicura? I nostri amministratori dovrebbero porsi queste domande, noi possiamo solo evidenziare le criticità e chiedere attenzioni. Sono decenni che elemosiniamo il raddoppio della Ragusa – Catania, e ancora facciamo i viaggi della speranza. I soldi ci sono, ma c’è sempre qualche nuovo intoppo, e nel frattempo cadono i governi e ognuno scarica le responsabilità sugli altri. Anche l’aeroporto di Comiso, se fosse facilmente raggiungibile, sarebbe molto più attrattivo. Noi speriamo di riuscire a sensibilizzare i cittadini e a coinvolgerli attraverso associazioni, sindacati e confederazioni. Siamo stanchi delle passerelle, vorremmo partire dal basso e poi coinvolgere tutti gli attori sociali, in modo che la si smetta di privilegiare gli interessi di pochi per fare, invece, quelli della collettività. La Regione dovrebbe iniziare ad investire seriamente in infrastrutture, invece di restituire miliardi all’Europa, e noi siamo pronti ad azioni forti per farci sentire da chi è sordo.

Abusivismo, una piaga trasversale. Quali gli interventi finora messi in campo per arginare il fenomeno? Con quali risultati? E come si intende continuare?

Negli anni, abbiamo incontrato diversi Prefetti ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Abbiamo cercato di sensibilizzare le amministrazioni comunali, che ci hanno sempre accolto bene dichiarandosi d’accordo con noi e le nostre richieste, ma al di là delle parole non siamo riusciti ad andare. Non ha senso la multa isolata della Polizia Municipale quando sbagliano in 100. Bisognerebbe controllare, per quanto attiene al settore edile, dove c’è un ponteggio, o nelle campagne dove si scaricano inerti. Quello dell’abusivismo è anche un problema ambientale, perché non chi non ha un cantiere a norma gli scarti li smaltisce illegalmente. Per questo, insieme alla Polizia Provinciale, abbiamo fatto diversi incontri e annunciato vantaggi non da poco per gli imprenditori che portano i rifiuti in discarica. Abbiamo avanzato molte proposte risolutive nel corso degli anni ma se non c’è un’unica cabina di regia e non arriva l’input della politica e del governo centrale nel voler combattere l’abusivismo a 360 gradi, non ne verremo mai fuori e gli abusivi l’avranno sempre vinta. Abbiamo presentato anche molte denunce anonime, portandole negli uffici preposti, ma tutto poi si è arenato, perché, ci hanno detto, non ci sono mezzi né uomini.

Insomma, avete fatto di tutto e non è cambiato molto. Vi siete quasi scontrati con un muro di gomma. Cosa serve allora per risollevare le sorti economiche di questa terra?

Se si vuole crescere bisogna abbattere la burocrazia e mettere merci e persone nelle condizioni di potersi muovere agevolmente, com’è accaduto nel quadrante infrastrutturale del Veneto. Potremmo farlo anche noi mettendo in rete, attraverso le autostrade, il porto di Pozzallo, l’aeroporto di Comiso e l’autoporto di Vittoria. Ma è chiaro che, allo stato attuale, è improponibile. Chiudo, allora, porgendo io una domanda: non è che qualcuno non vuole che la provincia di Ragusa torni ad essere quello che era? In fondo, i poteri forti esterni non hanno interesse a vedere piccole province contare qualcosa. Ovviamente, però, questo è solo un mio pensiero.

Valentina Frasca

 

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