Santi senza devoti

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«Santi senza devoti è un’antologia di versi scritti in una lingua siciliana d’annata, un bagno nei profumi di una Sicilia genuina e autentica, quasi sempre svanita in tempi e spazi che non appartengono più al reale. Al posto di quella Sicilia dei sentimenti, l’autore sente l’arrivo di una Sicilia diversa, non meno bella ma certamente meno impregnata d’amore, pronta a seguire le chimere della produttività e del consumismo a scapito del tempo vissuto insieme».

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«Santi senza devoti è un’antologia di versi scritti in una lingua siciliana d’annata, un bagno nei profumi di una Sicilia genuina e autentica, quasi sempre svanita in tempi e spazi che non appartengono più al reale. Al posto di quella Sicilia dei sentimenti, l’autore sente l’arrivo di una Sicilia diversa, non meno bella ma certamente meno impregnata d’amore, pronta a seguire le chimere della produttività e del consumismo a scapito del tempo vissuto insieme».
È con queste parole di elogio che lo scrittore e politico ragusano Mimì Arezzo, morto nel 2011, ha voluto accompagnare l’uscita del libro di Peppino Burgio. Un libro carico di riflessioni e saggezza e dedicato a tutte quelle persone che fanno il loro dovere in silenzio e con grande fatica e senso di responsabilità cercano di operare per il bene della collettività. Un libro che è frutto dell’esperienza di tutta una vita. Pensieri ad alta voce e liriche dedicate alla tradizione, ai grandi eventi o anche alle piccole cose quotidiane. Liriche spesso dense di ironia e sempre infarcite di dialetto. Se si chiede infatti a Burgio come mai scrive in dialetto, con semplicità e naturalezza egli risponderà: «Perché non potrei mai esprimermi in altri modi se non come mi esprimo con il mio dialetto. Il dialetto è come mangiare la verdura del proprio orto che cresce nel suo ambiente con il nostro affetto. Il dialetto è figlio della nostra terra, è come l’aria e il profumo che respiriamo». Un libro da gustare e centellinare con attenzione, semplice e forte come una cascata d’acqua pura.

Biografia dell'Autore

Peppino Burgio, soprannominato “Bubbù”, è nato a Monterosso Almo il 26 agosto 1942. A 11 anni, terminata la scuola elementare, è costretto a interrompere gli studi per le difficoltà finanziarie della famiglia e inizia a lavorare prima come garzone e poi anche come pastorello. Una vita dura e piena di sacrifici (sveglia alle 4 del mattino e gelide nottate passate a dormire nella stalla con gli animali), ma sono esperienze che Peppino, amante della natura e della campagna, rifarebbe volentieri. In seguito inizia a lavorare come manovale e dopo aver acquisito un po’ di esperienza si mette in proprio come muratore. A 20 anni si sposa e dal matrimonio nascono 5 figli. Due lutti sconvolgono la vita di Peppino: la morte di Luca, l’unico e amatissimo figlio maschio che muore a soli 4 anni in un incidente stradale e della figlia Lucia che muore a 24 anni. Da una nuova convivenza nascerà un altro figlio maschio. Da sempre impegnato nel sociale e presidente di una squadra di calcio, negli anni Novanta Burgio ha costituito un’associazione antiusura come sede distaccata dell’APCES e ha partecipato alla nascita dell’associazione culturale “Le api” di Siracusa e dei consorzi “Il granaio” e la “Proloco Monterosso”. Dopo aver ripreso gli studi ed essersi diplomato come geometra, dal 1994 al 1998 Burgio è stato consigliere comunale.
Profondo conoscitore della Sicilia e delle sue tradizione e amante della sua terra e dei suoi profumi, negli ultimi anni Burgio si è dedicato alla scrittura e alla poesia. Tra i suoi libri ricordiamo: Al bivio (2006), Ma unni stamu iennu? (2008), Senza nì e senza nà (2012), Sciauru di petri a-ssiccu, fatti di manu caddusi (2013) e Quel benedetto maledetto preservativo (anno?).

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