Identita Modica

Amministrazione

COMMISSARIO STRAORDINARIO

Domenica Ficano

Sito istituzionale

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Modica, la barocca città delle 100 Chiese

Cava Ispica è una vallata fluviale che per 13 km incide l’altopiano ibleo, tra le città di Modica e Ispica. La vallata, che in alcuni punti è profonda circa cento metri e larga più di mezzo chilometro, è solcata da un torrente che ha nome Pernamazzone nel corso superiore e Busaitone nel corso inferiore. La presenza dei corsi d’acqua ha fatto sì che nel luogo si sviluppasse una vegetazione rigogliosa, motivo d’attrazione per varie specie di uccelli ed altre specie animali, tali da rendere questo luogo un sito di singolare bellezza paesaggistica. La flora esistente nella Cava è costituita dalle specie proprie della macchia mediterranea come il leccio, l’euforbia arborea, il carrubo, la palma nana, l’olivo selvatico, l’olivastro, il platano; anche il sottobosco presenta diverse varietà: felce maschio, ciclamino di terra, acetosella, borragine, nepitella, ampelodesma, asparago, edera, salvia. Nella parte Nord della Cava, con pareti rocciose più adatte all’insediamento umano, ritroviamo necropoli preistoriche, catacombe cristiane, oratori rupestri, eremi monastici e nuclei abitativi di tipologia varia. Nella parte Sud prevalgono le postazioni difensive come il Fortilitium, roccaforte naturale costituita da una massa rocciosa di calcare duro in forte rilievo in mezzo all’alveo della Cava, che esercitava funzioni di sbarramento e di difesa. Lungo la vallata sono presenti una miriade di grotte naturali o scavate nelle roccia dalla mano dell’uomo, alcune difficili da raggiungere, se non con corde, stretti camminamenti tra i massi o scale. Molte grotte sono contigue, magari su piani sovrapposti comunicanti tra di loro tramite botole artificiali praticate nelle pareti rocciose.

Versante Nord

  • Notevole, la catacomba della Larderia, un cimitero ipogeico che in circa 500 m2 racchiude ben 464 tombe, suddivise in tre gallerie sotterranee, delle quali la principale è lunga circa trenta metri. Il sito è in effetti una vera e propria città nella roccia dove, nei pressi delle grotte abitate dagli uomini e dagli animali domestici, ve n’erano altre adibite a magazzini, o a luoghi di culto con altari e affreschi sulla nuda roccia. Infine, nascoste dalla vegetazione o protette da una certa difficoltà di accesso, negli anfratti più ripidi della cava, centinaia di grotte ad uso funerario.
  • Il ginnasio è un ambiente scavato nella roccia di età ellenistico-romana e riportato alla luce solo di recente. Esso è costituito da due sale comunicanti e corredate di sedili laterali. La stanza sulla destra presenta una parete franata ed è dotata di vasche per abluzioni. L’ambiente di sinistra è ben conservato e molto interessante. In esso si notano ancora delle incisioni in greco che designavano i posti a sedere. In corrispondenza delle lettere PRE si indicavano i posti degli anziani, presbyteroi. sotto la scritta NEO i giovani o neoteroi. L’ambiente probabilmente veniva utilizzato come aula assembleare in cui la comunità si ritrovava.
  • La spezieria, un ambiente costituito da una grande sala a pianta quadrangolare. Le pareti presentano decine di incavi che fanno pensare a mensole e ripostigli dove collocare e sistemare ordinatamente vasi e contenitori di unguenti, creme, pozioni d’erbe di varia natura. Lungo uno dei lati si individuano tre absidi irregolari. Un ampio sedile circolare ricavato nella roccia, occupa gran parte della parete tutt’attorno. Una buca scavata nella roccia calcarea del pavimento ha fatto pensare a una specie di mortaio, tanto da indurre qualche studioso a ipotizzare che il sito fosse adibito a una specie di farmacia.
  • Sullo stesso fianco della Cava si può visitare il Salinitro, uno dei complessi più suggestivi che offre alla vista del visitatore altri sepolcri e grotte le une sulle altre, in parte crollate.
  • Andando verso Sud, sulla sinistra del Busaitone, sullo stesso lato dove si affacciano le cosiddette Urutti Caruti (grotte crollate), si incontra il sito detto Camposanto. È, pare, una necropoli cristiana del IV secolo: sulla parete di uno dei sepolcri è inciso un simbolo cristiano. Si contano nel complesso 60 fosse terragne, loculi sovrapposti e un gran numero di sarcofagi scavati nella roccia. Vi sono due sezioni, la prima comprende 25 tombe disposte in vario modo; nella seconda sezione, che si estende verso Nord, ci sono 24 tombe.

Celebre, il Castello Sicano a cinque piani, interamente incassato nella roccia, vera e propria fortezza scavata in una parete calcarea che scende a picco per trenta metri di altezza. L’opera è talmente monumentale e complessa che riesce difficile pensare che possa essere stato il frutto del lavoro di una sola generazione, sia pure con l’ausilio di strumenti di scavo in bronzo o in ferro. Gli ambienti sono quasi tutti di forma rettangolare o quadrata con nicchie alle pareti e presentano gli incavi delle porte e delle finestre. Quasi tutti prendono luce e si dipartono da un lungo corridoio che si sviluppa lungo la parete esterna.

  • La Grotta della Signora presenta una singolare volta a cupoletta: è un esempio monumentale di tomba a tholos nella parte settentrionale della Cava. Nel XX secolo, si è potuto esplorare l’antro dopo averlo liberato dal materiale alluvionale che ne ostruiva l’ingresso; in quest’area venne trovato del cocciame. Tale ritrovamento, fa ipotizzare un uso della Grotta a scopo rituale o abitativo.
  • La Grotta dei Santi si trova in contrada Baravitalla, nel complesso di Cava Ispica di Modica; si tratta di un’ampia grotta di forma rettangolare. Ad oggi, sono visibili tracce di pitture che raffigurano 36 santi; ben conservate le figure dei santi, molto danneggiati i volti.

Versante Sud

  • La chiesa di San Pancrati, poteva considerarsi una piccola basilica bizantina con tre absidi; oggi rimangono solo i ruderi dei muri esterni, formati da blocchi squadrati di calcare tenero, parte delle absidi, nonché tracce del pavimento in calcare e del successivo in cocciopesto. È l’unico esempio di costruzione non rupestre della Cava.
  • Seguendo il corso inferiore del Busaitone, ci si imbatte in quello che viene denominato il Convento. Ricavato in un sito quasi inaccessibile, si presenta come un complesso aperto nel vivo di una rupe a strapiombo nella cava. Nel piano superiore è visibile un corridoio sul quale si aprono stanzette piccolissime, rettangolari o quadrate, somiglianti a vere e proprie cellette. La supposizione che possa trattarsi di un monasterion è avvalorata dal piccolo oratorio rupestre, intitolato a Santa Alessandra, ricavato a brevissima distanza dal Convento e costituito da due ambienti separati. Nel primo si distinguono, dentro una cornice scura, i resti di un affresco che con molta probabilità raffigurava la Santa; il secondo, di dimensioni minori, presenta un pavimento roccioso nel quale si trova una buca circolare per la raccolta d’acqua. Quest’acqua ricca di zolfo, oggi come un tempo, è ritenuta miracolosa per guarire le malattie della pelle.
  • Il palazzo Marchionale, collocato sul lato meridionale della fortezza, ha impianto planimetrico a L; lo spazio antistante è occupato da un cortile pavimentato con ciottoli. Sul lato destro sono individuabili gli ambienti di servizio, con granai incassati nel piano del pavimento. Il rinvenimento di frammenti ceramici bizantini fa pensare a una struttura riferibile a quel periodo. Il palazzo, demolito dal terremoto del 1693, non fu ricostruito.
  • Il Fortilitium (o Forza), era un immenso castello difeso dagli strapiombi naturali e da un fossato con ponte levatoio. Si entrava nel castello attraverso un grande portale di legno fiancheggiato da altre due porte più piccole. Solo alcune porzioni delle antiche mura resistettero al terremoto del 1693. Alcuni scavi hanno messo in luce la parte del palazzo marchionale e il pavimento dell’antica chiesa esistente dentro il castello, la SS. Annunziata. Interessante la scuderia, (10 m per 10 m) un’enorme grotta dove venivano custoditi i cavalli del Forza. Visibili le mangiatoie ricavate nella roccia e gli occhielli per legarvi gli animali. Esiste anche una parte alta dove veniva sistemato il fieno, ambienti adibiti a magazzino, e la sala degli armigeri. Nelle pareti si notano buchi scolpiti nella roccia, dove venivano infissi degli assi di legno per appendervi le armi, gli indumenti e i finimenti degli animali.

Toponomastica – Mòdica, il cui nome originerebbe dal fenicio Mùtika (albergo, dimora) o dal siculo Mùrika (roccia nuda, non coltivabile), chiamata in seguito Μότουκα dai greci, è situata 15 km a sud del capoluogo di provincia.

Città di Ercole. Con questa definizione veniva citata Modica dal Seicento fino ai primi dell’Ottocento, nelle cronache e nei documenti dell’epoca. Il mito racconta che una delle leggendarie fatiche di Ercole, la decima, sia stata la cattura dei buoi rossi del gigante Gerione, in Spagna. Sconfitto Gerione, Ercole venne in Italia portando con sé le mandrie di buoi come trofeo in segno di trionfo, ma giunto in Sicilia questi buoi gli furono trafugati. In onore a Motia (la bella donna greca che indicò ad Ercole i luoghi in cui ritrovare i buoi sottratti) l’eroe nazionale greco fondò tre città, la Mozia presso Capo Lilibeo, una Mozia vicino Agrigento, e per finire la Mozia mediterranea. Anche il grande geografo alessandrino Claudio Tolomeo (sec. II d.C.) individuò la posizione geografica del sito e del suo fiume Mothukanus, chiamando la città Mothuka Mediterranea.

Origini – L’insediamento abitativo nel sito di Modica risale alla preistoria della Sicilia, nel periodo neolitico, dal 3.200 al 2.200 a.C. Ad avallare questa affermazione il ritrovamento, in pieno centro storico, di una piccola necropoli con una trentina di tombe a forno risalenti al 2.200 a.C. Fu popolata prima dai Sicani, per un certo periodo anche dai Fenici (sembra infatti che, laddove sorgono i resti del Castello medievale, vi fosse un Tempio dedicato al Sole, Divinità adorata dai Fenici), in seguito stabilmente dai Siculi. In questa porzione dell’isola, primitivi insediamenti rupestri furono edificati dai Siculi a partire dal XIV secolo a.C. e la fondazione della città risalirebbe a 80 anni prima della guerra di Troia, quindi intorno al 1360 a.C. Durante l’occupazione romana, quando l’abitato era chiamato Mothyca, venne visitato da Cicerone giunto in Sicilia per raccogliere prove contro il propretore della provincia, Caio Verre, e le sue vessazioni sugli aratores siciliani. Cicerone in una delle orazioni tenute al Senato nel 70 a.C., citò proprio Modica, ridotta alla fame, privata per fallimento di 101 dei suoi 187 aratores (gli imprenditori agricoli dell’epoca). La diffusione del Cristianesimo è testimoniata dalla presenza di varie catacombe e dalla Grotta dei Santi, situate nell’area di Cava Ispica. Nell’845, al termine della dominazione bizantina, Modica finì sotto il dominio arabo ed assunse il nome di Mudiqah, divenendo un importante centro agricolo e commerciale. Con la conquista normanna nell’XI secolo d.C., operata da Ruggero d’Altavilla, la città fu trasformata in Contea e concessa a Gualtiero I de Mohac. Nel 1282 anche Modica fu infiammata dai Vespri Siciliani che si conclusero con l’allontanamento degli angioini, presenti nella zona dal 1270. I nuovi dominatori aragonesi nel 1296 nominarono Manfredi Chiaramonte Conte dopo il matrimonio con Isabella Mosca, i cui eredi furono protagonisti per tutto il secolo successivo della vita politica del regno. Costanza Chiaramonte, figlia del conte Manfredi III fu perfino regina di Napoli. Nel XIV secolo, per la Sicilia, la figura del Conte di Modica coincideva, di fatto, con quella di Viceré del Regno, essendo il Conte, nella scala gerarchica, la prima figura dopo il Re stesso che lo aveva nominato, ed essendo i Chiaramonte, considerati dei pari del Re in virtù della discendenza da Carlo Magno. La Contea di Modica per circa 500 anni divenne il più grande, ricco e potente stato feudale dell’isola e del meridione d’Italia, e in più di un’occasione si oppose con successo anche alla volontà dei regnanti. Ai Chiaramonte seguirono i Cabrera, pari di Spagna, che ricoprirono incarichi di primo piano sia nel Regno di Napoli che a Madrid. Col Conte Bernardo Cabrera Modica divenne sede, indipendente dalla Regia Magna Curia di Palermo, di una Curia di Appello non solo per le prime ma anche per le seconde appellazioni, che neppure la città di Palermo aveva: il Giudice delle seconde appellazioni era un privilegio in Sicilia riservato solo al Conte di Modica ed all’Arcivescovo di Monreale; tutte le altre città per il secondo appello dovevano ricorrere alla Regia Magna Curia. Questo privilegio è indicato nel diploma di investitura, del 1392, di Bernardo Cabrera da parte di Martino I. Fu sotto il governo dei Cabrera che, il 15 agosto 1474, si verificò l’eccidio di 360 ebrei, uno dei più bui episodi della storia della città, seguito poi nel 1492 dall’editto di espulsione degli ebrei dall’isola firmato da Ferdinando II re di Sicilia e d’Aragona. Nel 1480 la Contea passò, dopo un matrimonio, agli Enriquez, ai quali rimase sino al 1702. A partire dal 1486, tuttavia, nessun componente di questa famiglia risiedette più a Modica, se non per brevi missioni. Tutta l’area della Contea di Modica venne pesantemente coinvolta nel Terremoto del Val di Noto dell’11 gennaio 1693, in cui intere città e castelli vennero abbattuti e rasi al suolo. Il sisma, di magnitudo X/XI gradi Mercalli, pari a 7.4 della scala Richter, provocò a Modica circa 3.400 vittime su 18.203 abitanti. Nacque un grande e controverso dibattito per stabilire se ricostruire su altro sito o riedificare partendo da ciò che rimaneva. Quest’ultima ipotesi ebbe la meglio e la ricostruzione fu rapida, senza risparmio di forze; la capitale della Contea risorse ancora più bella. Si pensi che solo tre anni dopo, il Duomo di San Giorgio era aperto alle funzioni liturgiche, mentre già nel 1704, a soli undici anni dal terremoto, tutte le chiese di Modica risultavano agibili. Gli ultimi eredi della contea furono gli Alvarez de Toledo e i Fitz-James Stuart, fino all’abolizione del feudalesimo nel 1812, per arrivare allo scioglimento giuridico della Contea, nel dicembre del 1816. D’altra parte, ormai, in Sicilia, dal 1734, comandavano i Borboni.

Modica contemporanea – Con la nascita delle intendenze borboniche, a Modica non fu confermato lo status di capoluogo e divenne soltanto sede circondariale. Tra il XIX secolo e gli inizi del XX secolo d.C., le numerose istituzioni giudiziarie presenti sul territorio fin dal XIV secolo furono gradualmente smantellate. Modica partecipò attivamente ai moti del 1821 e del 1848: la feroce repressione del Marchese del Carretto le tolse i figli migliori, imprigionati nelle segrete della Torre Cabrera di Pozzallo, e del Castello Maniace di Siracusa. Il 17 maggio del 1860, appena due giorni dopo la battaglia di Calatafimi, Modica, sotto l’organizzazione del patriota Francesco Giardina, fu fra le prime città siciliane, dopo Palermo, ad issare il tricolore. Grazie alla nascita delle prime scuole superiori presenti in Sicilia, come l’Istituto Tecnico Archimede (1866) ed il Liceo Ginnasio Tommaso Campailla (1875), la cittadina giocò un ruolo di primo piano nella vita culturale dell’isola. Nel 1926 il Circondario di Modica della Provincia di Siracusa venne diviso in due, lasciando a Modica solo i comuni di Ispica, Pozzallo e Scicli, ed istituendo il nuovo Circondario di Ragusa, su iniziativa del ragusano Filippo Pennavaria, politicamente molto vicino a Benito Mussolini. Fu questa la premessa che portò, nel 1927, all’istituzione della Provincia di Ragusa, a danno del capoluogo storico della zona iblea. Sebbene oggi Modica faccia parte della Provincia di Ragusa, dal 1296 al 1926 fu capoluogo politico, amministrativo e culturale del territorio che comprendeva i comuni dell’attuale provincia e, fino al 1802, i comuni di Alcamo e Calatafimi, in provincia di Trapani. Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del XX secolo, Modica fu al centro di un disordinato sviluppo edilizio che ha rischiato di modificare irreparabilmente il pittoresco aspetto del centro storico.

Centro storico – Testimonia l’impianto medievale della città con un intrigo di casette, viuzze e lunghe scale, avviluppate intorno allo sperone roccioso sovrastato dal Castello. Le chiese solitamente non si affacciano su piazze, ma su imponenti e scenografiche scalinate modellate sui declivi delle colline. Lo stile prevalente dei monumenti è quello comunemente identificato come tardo-barocco.

  

Architettura Religiosa

  • Duomo di San Giorgio, vero e proprio simbolo dell’arte tardo-barocca. La costruzione è stata edificata sui resti di una precedente chiesa, danneggiata in seguito al terremoto del 1693. I lavori iniziarono nel 1702 su progetto di Rosario Gagliardi e si protrassero fino al 1834. L’imponente facciata a torre, che si eleva per un’altezza complessiva di 62 metri, fu costruita a partire dal 1702 e completata, nel coronamento finale e con l’apposizione della croce in ferro sulla guglia, nel 1842. Una scenografica scalinata di 164 gradini, disegnata per la parte sopra strada dal gesuita Francesco Di Marco nel 1814 e completata nel 1818, conduce ai cinque portali del tempio, preludio alle navate interne della chiesa che ha pianta basilicale a croce latina e tre absidi dopo il transetto. La parte della scalinata sotto il Corso San Giorgio, fu progettata nel 1874 dall’architetto Alessandro Cappellani Judica e completata nel 1880. L’interno della chiesa è a cinque navate, con 22 colonne sormontate da capitelli corinzi. Il tempio è dedicato ai martiri San Giorgio e Ippolito, fra le navate si possono ammirare un monumentale organo con 4 tastiere, 80 registri e 3.000 canne, perfettamente funzionante, costruito tra il 1885 e il 1888 dal bergamasco Casimiro Allieri; un dipinto di scuola toscana, L’Assunta del tardo-manierista fiorentino Filippo Paladini (1610); una pittura naif su legno, La Natività del pittore milanese Carlo Cane (1615-1688), della seconda metà del Seicento; la tela (1671) del Martirio di Sant’Ippolito del Cicalesius; una statua marmorea di scuola gaginiana, la Madonna della Neve della bottega di Bartolomeo Berrettaro e Giuliano Mancino, del 1511; il polittico dell’altare maggiore, composto da ben 10 tavole, attribuite per molto tempo al messinese Girolamo Alibrandi come opera del 1513. Gli storici dell’arte del Novecento e gli studiosi contemporanei hanno tuttavia attribuito l’opera, in maniera definitiva, al pittore tardo manierista Bernardino Nigro (15381590), datandola 1573. Le pale raffigurano le scene della Sacra Famiglia e della vita di Gesù, dalla Natività fino alla Resurrezione e all’Ascensione, oltre a 2 riquadri con le classiche iconografie dei due santi cavalieri, San Giorgio che sconfigge il Drago, e San Martino che divide il proprio mantello con Gesù, nelle vesti di un povero accattone; degna di nota, la Santa Cassa del XIV secolo in argento intarsiato. La cupola s’innalza per 36 metri. La prospettiva frontale di tutto l’insieme è arricchita da un giardino pensile su più livelli, detto Orto del Piombo.
  • La chiesa dedicata a San Pietro, a sua volta ricostruita in stile tardo-barocco sulle macerie del precedente luogo di culto devastato dal sisma del 1693, sorge nel cuore di Modica Bassa. Posta anch’essa sulla sommità di una spettacolare scalinata ornata dalle statue dei dodici Apostoli, può esser definita la cattedrale di Modica bassa in quanto il Santo è considerato Co-Patrono.Tra le numerose opere custodite al suo interno spicca la Madonna di Trapani o dell’Ausilio, scultura marmorea risalente al 1500. Un documento del vescovo di Siracusa ne attesta l’esistenza in sito nel 1396, ma la data della sua prima edificazione è da collocarsi dal 1301 al 1350 circa, come attestato dallo storico secentesco Placido Carrafa. Eretta in collegiata con bolla di Clemente VIII del 2 gennaio 1597, due secoli dopo per Decreto Regio di Carlo III di Borbone (1797), ed in seguito a secolare disputa, è stata dichiarata Chiesa Madre al pari di San Giorgio, la chiesa “ufficiale” dei Conti. Fa parte anch’essa della lista dei Monumenti Bene dell’Umanità dell’UNESCO.
  • La chiesa di Santa Maria del Gesù (1478-1481) e l’annesso Convento (1478-1520), Monumento Nazionale, appartennero ai Frati Francescani Minori Osservanti. La chiesa conserva uno splendido chiostro a due ordini in stile tardo-gotico, con tante colonnine variamente decorate e ognuna diversa dall’altra. Fu costruita restaurando un preesistente edificio francescano già presente almeno dal 1343,  grazie alla volontà e alla munificenza della contessa Giovanna Ximenes de Cabrera, al fine di celebrarvi, nel gennaio del 1481, le nozze della propria figlia Anna con Fadrique Enrìquez, primo cugino del Re di Spagna Ferdinando il Cattolico.
  • La chiesa di Santa Maria del Carmelo, detta “del Carmine” (fine XIV – inizi XV sec.), è uno dei pochi monumenti che resistette alla violenza del terremoto del 1693. Il prospetto, che aveva in parte superato anche il terremoto del 1542 e quello del 1613, è arricchito da un bel portale risalente alla fine del Trecento, già dichiarato Monumento Nazionale all’inizio del XX secolo, sovrastato da un rosone francescano con dodici raggi, il tutto in stile tardo gotico chiaramontano.
  • L’edificazione  del Convento del Carmine, avvenne a seguire la Chiesa omonima, fra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, per ospitare i frati Carmelitani giunti in Sicilia già da qualche decennio. Il convento era dotato di 23 celle, ed è stato sottoposto a varie ristrutturazioni ed ampliamenti. Gli orti antistanti il Convento, furono trasformati nella pubblica piazza del Carmine, intitolata successivamente a Giacomo Matteotti. Il prospetto è stato interamente rifatto, in stile neorinascimentale – liberty. Nel XXI secolo, importanti lavori di restauro e consolidamento, hanno riportato alla luce strutture portanti medievali, pavimenti in acciottolato del XIV secolo, archi ogivali gotici che immettono da un ambiente conventuale ad un altro, finestrelle in stile svevo chiaramontano del XIV secolo.
  • La chiesa di San Domenico, detta del Rosario (1678), presenta uno dei pochi prospetti rimasti integri dopo il terremoto del 1693. L’originaria costruzione della chiesa, con l’annesso convento dei Domenicani risale al 1461. Il luogo sacro è ricco di interessanti tele del Cinquecento, ed ha una cappella interna, un tempo riservata alla preghiera dei frati, riccamente decorata con pitture murali e pregevoli stucchi. Nell’atrio è visitabile un’ interessante cripta sotterranea scoperta da Giovanni Modica Scala a metà Novecento, contenente resti ossei, attribuibili ai Frati Domenicani stessi, e che lascia intravedere tracce di affreschi. Il convento era sede, per la diocesi di Siracusa, del Tribunale dell’Inquisizione, o Sant’Uffizio.
  • La chiesa di Santa Maria di Betlem è una delle tre antiche collegiate (dal 1645) della città e risale al XIV secolo. La Cappella Palatina, preesistenza architettonica costruita fra la fine del Quattrocento ed i primi decenni del Cinquecento, è un Monumento Nazionale, facente parte dell’apposito elenco dei beni da salvaguardare, istituito intorno al 1930 dal governo del Regno d’Italia.
  • Il Portale De Leva, di primo Trecento, Monumento Nazionale, è un elegante esempio dello stile gotico chiaramontano , dominantein Sicilia per tutto il Trecento. Insieme al portale della Cappella Palatina custodita all’interno della Chiesa di Santa Maria di Betlem, è il più bel portale di Modica, con gli archi di una grande ogiva scolpiti a tre ordini, con decorazioni geometriche a zig zag e foglie di acanto a completare la fitta trama di ricami arabeschi. Era, con molta probabilità, la porta d’ingresso di una chiesetta dedicata ai santi Filippo e Giacomo sopravvissuta al terremoto del 1693, poi divenuta cappella privata della nobile famiglia De Leva, incorporata nel loro settecentesco Palazzo.
  • Il settecentesco Convento dei Frati Cappuccini e l’annessa chiesa di San Francesco d’Assisi, sono arrivati ai giorni nostri in perfetto stato di conservazione. Il convento ha un bellissimo chiostro lastricato con suggestive basole di pietra locale e un pozzo al centro. La chiesa, cui si arriva percorrendo un vialetto circondato da alti cipressi, nasconde al suo interno due capolavori scultorei in legno indorato, un reliquario e la custodia del SS. Sacramento.
  • Chiesa del Santissimo Salvatore (XV sec., ricostruita nel XVIII), ricca di pregevoli stucchi e di notevoli tele, fra cui una Immacolata (1765) del palermitano Pietro Spinosa; ha un superbo altare maggiore in marmo, con cinque medaglioni raffiguranti altrettanti episodi biblici. Della chiesa originaria del Quattrocento si conservano solo la base del campanile, una croce di pietra scolpita ed una campana datata 1537.
  • Chiesa di San Giuseppe (1613), a pochi metri dall’entrata del Castello, con annesso un piccolo convento (1894) dei Gesuiti, venne distrutta e abbandonata dopo il sisma del 1693, fu restaurata e riaperta al culto nel 1894. La chiesetta conserva al suo interno, una bellissima Natività in marmo, datata 1511, rappresentante un piccolo presepio con tutti i classici personaggi ed ambienti, con ai lati quattro bellissime teste di angeli, che insieme al volto della Madonna sembrano di scuola gaginiana.

 

Architettura Civile

  • In cima ad una rupe, costruito sul pianoro conclusivo di un promontorio roccioso a becco d’aquila, il Castello dei Conti, nato come fortificazione, ha rappresentato per tanti secoli la sede del potere politico e amministrativo di quella che fu la Contea di Modica. Risale al periodo bizantino e nel corso dei secoli successivi conobbe diversi interventi di restauro. Le antiche torri e la cinta muraria sono state abbattute, ma rimangono visibili una torre poligonale, i ruderi della chiesa di San Cataldo ed i locali che, durante il Medioevo, ospitavano le carceri. Sui resti post-terremoto di una torretta di avvistamento medioevale del castello dei Conti, è stato apposto, nel 1725, un orologio meccanico a contrappesi, ancora perfettamente funzionante, i cui complessi meccanismi vengono controllati e riavviati ogni 24 ore circa. L’interno della torretta – caratterizzato grandi molle metalliche, pesi e contrappesi, grosse funi e catene, è visitabile soltanto in particolari occasioni. Dalla balaustra della torre si può godere di un suggestivo, insolito, panorama sulla parte bassa del centro storico.
  • Sul lato sinistro del Duomo di San Giorgio sorge il settecentesco Palazzo Polara, gioiello dell’architettura barocca. Sul frontone, spicca lo stemma della famiglia con la stella polare. L’edificio, in un tutt’uno scenografico con la scalinata monumentale ed il prospetto del Duomo di San Giorgio, domina la parte bassa del centro storico di Modica.
  • Palazzo Napolino – Tommasi Rosso è posto nel cuore dell’antico quartiere di Francavilla, alle spalle del Duomo di San Giorgio e nei pressi dell’entrata del Castello dei Conti. La sua costruzione risale alla seconda metà del XVIII secolo. Il portale presente sulla facciata, è costituito, ai lati, da colonne abbellite con eleganti tendaggi scolpiti nella pietra, ed emergenti dalla bocca di due leoni. Il portale è sovrastato da un elegante balcone in ferro battuto, sorretto da mensoloni decorati con mascheroni. Altri due balconi sono posti simmetricamente ai lati di quello centrale, a completare il prospetto di quella che è riconosciuta come la più elegante architettura civile del barocco modicano. Fu edificato dai Lorefice, poi passato ai Napolino ed infine ai Tommasi Rosso.
  • Il Palazzo degli Studi (16101630) era in realtà il Convento dei Padri Gesuiti, i quali fin dal loro insediamento nella struttura ne fecero il Collegio dove istruire i rampolli dell’aristocrazia di Modica. Il Convento, resistendo al terremoto del 1693, determinò la scelta dei Gesuiti e del popolo modicano di non spostare la città sugli altopiani limitrofi. L’intero edificio sorse per volontà della contessa Vittoria Colonna de Cabrera, che si fece promotrice della venuta a Modica dei Gesuiti, e contribuì finanziariamente, insieme al Comune e ai possidenti del tempo, al che nella capitale della Contea si istituissero corsi di studio di livello universitario. Fu dunque sede del Collegio Gesuitico sin dal 1630, del Ginnasio comunale nel 1862, del Regio Istituto Tecnico “Archimede” dal 1866, e ospita, dal 1878, il Liceo Classico intitolato allo scienziato e filosofo modicano Tommaso Campailla.
  • Lungo il corso principale, il Palazzo Grimaldi del XVIII-XIX secolo, con l’annesso portale della Chiesetta di S. Cristoforo, cappella privata della famiglia Grimaldi, rappresenta con i suoi 14 balconi in due piani, il più bell’esempio di edificio in stile neorinascimentale fra quelli presenti nel centro storico di Modica Bassa. Il terzo piano è stato sovrapposto nel secondo Ottocento ma il progettista ha lavorato nel segno di chi lo aveva preceduto, inserendo le mensole sotto i balconi del terzo piano. Il palazzo è sede della Fondazione Giovan Pietro Grimaldi, creata dall’illustre fisico che fu anche Magnifico Rettore dell’Università di Catania, nonché fratello del celebre agronomo Clemente, ed ospita nei suoi saloni una Pinacoteca, ricca di opere pittoriche dei più noti artisti dell’area iblea dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai nostri giorni.

Sono presenti altri edifici e monumenti storici di rilevanza culturale:

Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Chiesa di San Giovanni Evangelista. La chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore. Ex chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Malta, Chiesa-eremo di San Giacomo extra moenia (XIII/XIV secolo, non visitabile) è la più antica chiesa dell’intera provincia, sito di pellegrinaggi da tutta la regione per il culto a San Giacomo, fino ai primi decenni del Novecento. Chiesa di San Paolo (XVII secolo) ricca di tele e statue, con un bel pavimento in ceramiche di Caltagirone. Chiesa di San Girolamo (XVII secolo). Chiesa di Sant’Anna (1686) ed ex Convento dei Padri Francescani Riformati (1613), sede della Sezione di Modica dell’Archivio di Stato di Ragusa, in cui è depositato l’importante Archivio della Contea di Modica. Chiesetta di Santa Lucia (XVIII secolo), incastonata nel cuore del quartiere Francavilla. Chiesa di San Michele (XVII secolo), col grazioso campanile che fa compagnia in tante stampe alla maestosa cupola, alta 36 metri, del limitrofo Duomo di San Giorgio. Chiesa dei Santi Nicolò ed Erasmo, con prospetto rifatto in stile neoclassico nell’Ottocento. Chiesa di Santa Teresa d’Avila ed ex Monastero delle Carmelitane Scalze. Chiesa di San Teodoro (secoli XVII-XVIII), rifatta intorno alla metà dell’Ottocento dalla famiglia Grimaldi. Chiesa di Sant’Antonino (Cinquecento, ricostruita nel Settecento) , la cripta sotterranea ingloba la vecchia chiesa del XVI secolo. Chiesa di San Ciro (1856), piccolissima, con tele ottocentesche, pregevoli statue nella Cappella del Cristo morto e dell’Addolorata. Chiesa di San Martino, settecentesca, ricchissima di stucchi, non visitabile. Chiesa di Sant’Andrea (prospetto rifatto nel Settecento). Chiesa di S. Maria della Catena, anche questa ricostruita nel Settecento. Chiesa di Santa Margherita, ricostruita nel Settecento. Chiesa di San Francesco Saverio (Badia), originaria del Cinquecento, restaurata nel Settecento, ricca di bellissimi stucchi, visitabile nel tardo pomeriggio dei giorni feriali, quando ivi si celebra la SS.Messa per le Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambin Gesù.

Palazzo Ascenzo (XVIII secolo), di fronte al Palazzo di Città, è caratterizzato da poderosi mensoloni a piede unico, a sostegno dei balconi. Palazzo Cannizzaro (ex Manenti) (XVIII secolo), rimasto incompleto, presenta tre bei balconi spagnoleggianti, dei quali i due laterali sostenuti da cinque mensole in cui sono scolpiti vari mascheroni. Palazzo Salemi (edificato dal 1631 al 1640), presenta a piano terra un portico con sei arcate, sormontato al piano superiore da una lunga balconata continua. Palazzo Papa, già Grimaldi (secoli XVII-XIX), nei pressi del Duomo di San Giorgio, lungo la strada che porta all’ingresso del Castello. Palazzo Tommasi Rosso-Tedeschi (fine XVIII secolo), lungo il corso Umberto, è caratterizzato dalla lunga serie di mensole scolpite con mascheroni raffiguranti vecchioni, suonatori di flauto, putti, delfini e pettorute sirene. Palazzo Napolino/De Naro Papa (XIX secolo), nella parte alta della città, di fronte alla chiesa di San Giovanni Evangelista; presenta una bella loggia, a sostegno di una terrazza, con tre arcate, sormontate da tre mascheroni. Palazzo Rubino-Trombadore (fine XVIII secolo), prospetto tardo-barocco di gusto rococò.

 

Siti Archeologici

  • Chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore: Presenta dei magnifici affreschi sulla nuda roccia, di stile tardo-bizantino, databili fra il XII ed il XVI secolo (l’anno 1594 si trova dipinto sulla roccia accanto ad una raffigurazione): si tratta di una grotta artificiale, in pieno centro cittadino, nella quale si osservano diversi cicli di affreschi; una chiesa rupestre definita dagli studiosi un unicum nel panorama della Sicilia medievale. L’affresco principale è un bellissimo Cristo Pantocratore posto al centro dell’abside, dove si raffigura un Cristo benedicente racchiuso in una mandorla seduto su un trono fra due coppie di Angeli. Sul lato destro dell’abside si trova un catino battesimale, scavato nella roccia, per il battesimo con rito orientale. Ultimi in ordine di tempo, alcuni lavori di scavo hanno portato alla luce una serie di cripte tombe terragne.
  • La valle di Cava Lazzaro annuncia quella di Cava Ispica e rappresenta una fra le più interessanti stazioni archeologiche del paleolitico siciliano. Presenta grotte a forno e ad anticella, oltre a caverne templari ad uso religioso, con escavazioni a mano di pilastri e colonne. Di notevole pregio archeologico è la Tomba Orsi, certamente riservata ad un personaggio importante del luogo, con un prospetto molto esteso in lunghezza e ornato con finti pilastri, sui quali sono scolpiti simboli geometrici; prende il nome da colui che la scoprì, l’archeologo Paolo Orsi. A Cava Lazzaro sono stati rinvenuti strumenti di amigdala, vasellame della civiltà castellucciana, manufatti vari di civiltà pre-sicule comprese nel periodo XXII-XV secolo a.C., conservati al Museo Civico di Modica. A Cava Lazzaro è stato rinvenuto un cranio assegnato dal Pigorini al tipo di Neanderthal, visibile al Museo Etnografico L. Pigorini di Roma.
  • Cava Ispica raccoglie numerose testimonianze di epoche diverse: dalle grotticelle sicule a forno dell’età del bronzo, alle catacombe cristiane del Basso Impero (IV-V secolo d.C.), dagli affreschi rupestri della “Grotta dei Santi”, ai ruderi della chiesetta bizantina di S. Pancrati.
  • Cava dei Servi: alterna pareti rocciose a strapiombo, a zone dall’andamento pianeggiante, a gole profonde invase dall’acqua del torrente Tellesimo. La complessa e variegata morfologia, conferisce alla zona particolare bellezza, grazie anche alla ricca vegetazione presente sui versanti e nel fondo valle. Si possono ammirare boschi con lecci e querce, e tratti di Gariga, tipica formazione discontinua di cespugli e piccoli arbusti, fra i quali predominante è il timo arbustivo. Presenti larghi tratti di macchia mediterranea. Nel suo percorso lungo la cava, il Tellesimo forma il Gorgo della campana, un laghetto a forma circolare di cui non si è ancora riusciti a misurare la profondità. Per quanto riguarda la fauna, oltre ad uccelli come falchi, poiane, beccacce e tortore, si possono incontrare volpi, martore, istrici e gatti selvatici. Cava dei Servi fu abitata dall’uomo fin dalla preistoria. Su una collina chiamata Cozzo Croce si trovano, infatti, alcune necropoli attribuibili all’età del bronzo, con due monumenti funerari (dolmen) realizzati con lastroni infissi nel terreno e disposti circolarmente, oltre ad alcune tombe a grotticella e altre ad enchytrismòs.

Le principali risorse economiche della zona sono l’agricoltura, l’allevamento, l’artigianato e l’edilizia. La coltivazione più diffusa è quella del carrubo, di cui la provincia di Ragusa è la prima produttrice d’Italia. Di assoluto rilievo è anche la produzione di grano, olive, mandorle, uva, tabacco ed ortaggi. Discreta la produzione della fava cottoia modicana, di miele ibleo e di mais, quest’ultimo per il ciclo locale dell’allevamento. Nel campo dell’allevamento riveste particolare importanza il polo avicolo modicano, nato negli anni sessanta, e secondo in Italia solo al polo avicolo romagnolo per produttività e fatturato: il territorio di Modica produce circa un terzo del fabbisogno di uova della Sicilia, 800.000 uova al giorno da parte di un milione di galline ovaiole, e copre un’importante quota del mercato italiano delle carni di pollo, con otto milioni di polli macellati in un anno. Di grande rilevanza, l’allevamento della razza bovina modicana, di probabile origine africana, caratterizzata dalla bellezza delle forme, dalla incurvatura a lira delle corna, dalla finezza e dalla lucentezza del mantello e dalla vivacità dell’occhio. La presenza storica nella zona iblea è testimoniata anche dalla raffigurazione, scoperta di recente, di una vacca rossa modicana nei mosaici policromi, risalenti al V secolo d.C., venuti alla luce nella Villa Romana del Tellaro, nelle campagne di Noto (SR), a pochi km da Modica. Abituata da millenni al pascolo brado, la razza modicana è nota anche per la sua frugalità, per la notevole resistenza fisica e per l’indole socievole. Le sue carni sono apprezzate in tutta la Sicilia, mentre il latte è di ottima qualità, seppure la produzione lattiera per capo è molto inferiore a quella delle razze appositamente selezionate e alimentate a questo scopo. Il mantello della Modicana è di colore uniforme rosso scuro, con sfumature dal nero dei tori al fromentino chiaro delle vacche. La forte presenza dell’allevamento, ha favorito la nascita di stabilimenti caseari e di fabbriche di mangimi; il formaggio più apprezzato della zona è il caciocavallo. Nel territorio comunale si sono sviluppati diversi impianti specializzati nella lavorazione della pietra, del marmo e del legno, nella tostatura del caffè, alcune industrie olearie e metal meccaniche. Il settore dei servizi ha conosciuto una forte crescita negli ultimi anni, grazie all’inaugurazione del polo commerciale ubicato all’interno di un quartiere di recente costruzione. Modica è però famosa anche per la sua cioccolata, la cosiddetta “modicana”, lavorata secondo i dettami di una ricetta azteca a base di vaniglia e cannella, di cui si appropriarono gli Spagnoli nel XVII secolo: si tratta di un cioccolato fondente ricco di spezie e privo di grassi vegetali; la preparazione avviene a crudo, per non rovinare la qualità del cacao. Negli ultimi anni si è registrata una notevole crescita sul versante del turismo culturale grazie all’inclusione della cittadina tra i Beni dell’Umanità dell’UNESCO. Peraltro la manifestazione Chocobarocco, versione modicana dell’Eurochocolate perugino, ha promosso l’inserimento della città nei circuiti del turismo enogastronomico. Location di molteplici episodi della nota serie televisiva Il commissario Montalbano, tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, Modica ha usufruito di un notevole ritorno d’immagine. A Marina di Modica esiste un’avio-superficie con pista di oltre 600m in terra battuta disponibile per tutti gli amanti del volo. La vitalità economica registrata, ha altresì favorito un boom della domanda immobiliare da parte di toscani, campani, romani e milanesi, ma anche di gruppi stranieri, in primis inglesi e francesi, poi scandinavi e russi, che hanno deciso di fare delle coste del modicano, e della zona iblea in generale, le loro coste, e dei bagli presenti in campagna, le loro masserie o i loro bed & breakfast.

Evoluzione demografica – Fino agli inizi del XX secolo, Modica è stata la quarta città più importante di Sicilia per numero di abitanti e per il suo ruolo istituzionale, politico e culturale. Il censimento del 1569, registrava 18.000 abitanti (a fronte dei 105.000 abitanti di Palermo, i 75.000 di Messina e i 26.000 di Catania). Nel 1595, al censimento sotto Carlo V, Modica aveva 15.967 abitanti; l’evidente calo demografico avvenne fra il 1573 ed il 1595, e fu dovuto ad un tremendo periodo di siccità, con conseguenti carestie, pestilenze ed una elevata mortalità in tutte le popolazioni siciliane. Nel 1926, la suddivisione del Circondario di Modica e l’istituzione del Circondario di Ragusa, fecero da premessa alla nascita nel 1927 della Provincia di Ragusa, a dannodel capoluogo storico della zona iblea. Si pensi che ancora nel 1921, Modica era la quinta città di Sicilia per numero di abitanti, 64.637, dopo Palermo, Catania, Messina e Trapani, precedendo Ragusa, che contava 55.842 abitanti, e Siracusa, che faceva solo 46.557 abitanti.

Etnie e minoranzeLa popolazione straniera ufficialmente residente a Modica è suddivisibile per nazionalità di provenienza. Contribuiscono maggiormente gli originari del Marocco, Romania, Albania, Tunisia, Cina, Polonia, Ucraina, Bangladesh, Senegal, India, Venezuela, Germania. Modica è, attualmente, l’unica città in Sicilia ad avere promosso un progetto per rifugiati e richiedenti asilo politico, donne in gravidanza, sole o con minori.

I Carmelitani e i Domenicani, nel XIV e nel XV secolo, agevolarono la nascita degli studia sul territorio. Già nel 1549, esisteva a Modica una scuola pubblica, il cui insegnante veniva pagato dal Comune con 4 once annue. Nel 1550 i Francescani Minori Osservanti, presenti a Modica dal 1343, insegnavano filosofia, teologia, latino e lettere umane, nel loro amplissimum studium philosophiae, presso il Convento di Santa Maria del Gesù, completato per la munificenza dei conti Anna e Federico Henriquez Cabrera. Nel 1630, su iniziativa della contessa Vittoria Colonna de Cabrera, i Gesuiti vi fondarono Il Collegio Gesuitico che concesse Lauree in Teologia, in Materie Umanistiche (Filosofia, Retorica, Umane lettere) e Arti Liberali (Fisica, Matematica) fino al 1767.

Musei  e Biblioteche – Nel Convento dei padri mercedari (XVIII secolo) hanno sede l’auditorium, la biblioteca comunale ed il museo civico al cui interno è presente, dal 1978, una sezione etnografica: il Museo Ibleo delle Arti e Tradizioni Popolari. L’ex Monastero delle Benedettine, (XVI-XIX secolo), attuale Palazzo della Cultura, era presente in questo sito già nel 1626, insieme alla chiesa delle Sante Caterina e Scolastica ristrutturata per usi civili nei primi decenni del Novecento. Il Monastero, dedicato a San Benedetto nel 1637, fu requisito dal governo regio nel 1860; ospita nelle sue ampie stanze, oltre ad alcuni uffici municipali, il Museo Civico Archeologico dove, racchiusa in una teca, è possibile ammirare la statuetta bronzea dell’Ercole di Cafeo, risalente al III secolo a.C.. Di recente è stata sistemata in un salone del Palazzo della Cultura una collezione di quadri appartenuta a Salvatore Quasimodo, acquistata dalla Sovrintendenza provinciale ai Beni Culturali. Il Palazzo è stato la sede dello storico Tribunale di Modica dal 2 giugno 1862 fino a settembre 2003, e il salone delle conferenze sino ad alcuni decenni fa era sede della Corte d’Assise.

Teatro – Teatro Garibaldi: la prima costruzione fu realizzata fra il 1815 ed il 1820, accorpando un magazzino con la casa di un aristocratico, e fu chiamato Real Teatro Ferdinandeo in onore al regnante dell’epoca. Aveva due file di 24 palchi e la platea. Nel 1844 fu affidato all’ingegner Salvatore Riga il compito di progettare l’ampliamento del teatro, raddoppiando la grandezza della platea, innalzando una terza fila di palchi ed aggiungendo il loggione, riproducendo così lo stile dei teatri lirici all’italiana presenti nelle maggiori città siciliane. Eseguiti i lavori fra il 1852 ed il 1857 sotto la direzione dell’architetto Salvatore Toscano, il teatro, dopo l’Unità d’Italia fu intitolato a Garibaldi. La facciata in stile liberty, presenta due piani sormontati da una balaustra, al centro un pannello scultoreo decorato con strumenti musicali. Sopra il pannello fu posto, sorretto da due figure maschili, un orologio, con in cima l’aquila, simbolo della Contea di Modica. Fu inaugurato nel 1857 con la Traviata di Giuseppe Verdi. Dopo lavori di restauro e di messa in sicurezza, è stato riaperto al pubblico definitivamente nel 2004. Nel Dicembre 2016, sono stati avviati i lavori di recupero della fossa orchestrale al fine di ospitare spettacoli di opera in musica. Negli ultimi anni, il Teatro Garibaldi, con i suoi 313 posti complessivi, è ritornato ad essere il luogo di intrattenimento culturale per eccellenza per i modicani, ma anche per gli appassionati di teatro e musica di vario genere dell’intero comprensorio orientale della provincia. La sezioni locale degli Amici della Musica svolge il suo programma concertistico annuale presso il teatro cittadino, oppure presso l’ampia sala conferenze del Palazzo della Cultura. Infine, la Compagnia del Piccolo Teatro di Modica vi organizza una o più rassegne annuali di teatro dialettale.

Sacro e Profano – Due i Patroni della città, San Giorgio e San Pietro, ai quali i modicani tributano solenni onorificenze. La Festa di San Giorgio, in programma alla fine di aprile, prevede una processione durante la quale il simulacro raffigurante il Santo Cavaliere che uccide il drago, viene portato a spalle lungo tutto il centro storico della città, prima a Modica Alta, poi a Modica Bassa, a partire dal primo pomeriggio, per finire con i giri festanti all’interno del Duomo dalle 23:00 circa. Durante la Festa di San Pietro, che si svolge invece alla fine di giugno, numerose bancarelle invadono e vivacizzano il centro storico. Il 13 giugno, viene festeggiato Sant’Antonio da Padova. Gli altri appuntamenti importanti sono la Festa dell’Addolorata ad ottobre e la Giostra dei Chiaramonte, gara tra cavalieri che rappresentano i quartieri della città. A Pasqua, si celebra la Madonna VasaVasa. Risalente almeno al 1645, rappresenta l’incontro fra la Madonna ed il Cristo Risorto, reso caratteristico ed emozionante dal fatto che il simulacro di Maria, in pratica un burattino in legno sul modello dei pupi Siciliani, muove le braccia, impartisce benedizioni e si china a baciare il petto del figlio risorto. A mezzogiorno in punto, spari di bombe e campane a festa, alla Madonna, non appena “scorge” in lontananza Gesù Risorto. Viene fatto cadere il manto nero che la ricopre, lasciando così scoperto il suo vestito azzurro; contemporaneamente vengono liberate in volo una decina di colombe bianche, nascoste in precedenza nel basamento del simulacro della Madonna. Durante le festività di Natale, un Presepe Vivente viene rappresentato lungo i vicoletti e le scalinate di uno degli antichi quartieri del centro storico della città, oppure, a volte, fuori città, nella zona archeologica di Cava IspicaChocoModica: le prime edizioni furono primaverili, negli ultimi anni si è optato per il ponte dell’Immacolata a dicembre. Si contano già dieci edizioni. L’evento offre un’occasione per visitare la città, partecipando a tour guidati, e per degustare tutte le specialità dolciarie locali. In occasione della Kermesse del cioccolato di Modica si svolgono una serie di convegni ed eventi incentrati sul cacao, sulla tipica cioccolata modicana e sui prodotti dolciari per i quali Modica è rinomata. Durante la Sagra del carrubo che si tiene in settembre o ottobre a Frigintini, è possibile degustare le specialità a base di carrube: lolli (cavatelli cotti in sciroppo di carrube e ricoperti con mandorla tritata abbrustolita), gelo, biscotti e caramelle. La Settimana Quasimodiana organizzata dal 1996, si svolge nella settimana a cavallo del 20 agosto, anniversario della nascita del poeta Salvatore Quasimodo. Il clou della manifestazione è certamente la Notte della Poesia il 20 agosto, molto apprezzate anche le visite guidate ai Musei ed alla Casa natale che si svolgono di sera.

Per quanto concerne la gastronomia, oltre al cioccolato, tra i dolci ricordiamo le cassate, i mustazzola (biscotti molto duri), ‘a ghuggulena (un tipo di torrone artigianale realizzato con miele e sesamo). La palummedda cull’ova è invece una pasta al forno, con un uovo incastonato al centro, a forma di colomba. 

  • San Fazio e Santa Deodata, modicani martiri a Siracusa il 31 luglio 304
  • Manfredi I Chiaramonte, primo conte di Modica dal 1296 al 1321
  • Bernardo Cabrera (13501423), primo conte di Modica della famiglia catalana dei Cabrera, dal 1392
  • Manfredi III Chiaramonte, settimo conte di Modica, Vicario del Regno di Sicilia dal 1377 al 1391
  • Costanza Chiaramonte, (13771423), moglie di Ladislao d’Angiò, regina di Napoli dal 1389 al 1392
  • Bernardino Niger o Nigro, (1538? – 1590), pittore del tardo manierismo
  • Vittoria Colonna de Cabrera, (15581633), contessa di Modica, fondatrice della città di Vittoria
  • Vincenzo Mirabella (Siracusa, 1570 – Modica, 1624), architetto, accademico dei Lincei, progettista della chiesa della Madonna delle Grazie
  • Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera (15961647), conte di Modica, Viceré del Regno di Napoli dal 1644 al 1646
  • Agostino Grimaldi (16391660), Cavaliere dell’Ordine Gerosolimitano di Malta, morì da eroe a Candia durante una Crociata
  • Tommaso Campailla (16681740), filosofo, poeta, scienziato
  • Gaspare Cannata (17181771), medico, docente all’Università di Palermo
  • Giuseppe De Leva Gravina (17861861), patriota risorgimentale
  • Pietro Scrofani (17981891), Ministro di Grazia e Giustizia (nominato da G. Garibaldi nel 1860) del Governo Dittatoriale della Sicilia
  • Carlo Papa (18251880), Poeta, Deputato nel primo Parlamento, Sindaco di Modica
  • Michele Tedeschi Rizzone (18401898), senatore del Regno d’Italia
  • Giovan Pietro Grimaldi (18601918), fisico, Magnifico Rettore dell’Università di Catania, docente di Fisica presso le Università di Catania, Cagliari, Parma e Roma.
  • Pietro Floridia (18601932), musicista, dal 1906 al 1908 professore al College of Music di Cincinnati, direttore dal 1913 dell’Orchestra Sinfonica Italiana di New York
  • Clemente Grimaldi (18621915), agronomo
  • Enrico Maltese, (18621920), pittore impressionista. Suoi quadri sono esposti a Monaco, Dresda, Lisbona, Vienna, Parigi, New York, Napoli, Roma, Milano, Torino, Venezia.
  • Emanuele Guerrieri (19001968), avvocato, membro della Costituente, parlamentare, sottosegretario di Stato ai Lavori Pubblici, al Tesoro
  • Salvatore Quasimodo (19011968), premio Nobel per la Letteratura il 10 dicembre 1959. Protagonista dell’ermetismo e della cultura italiana del Novecento, scrisse le raccolte Acque e terre, Nuove poesie, Giorno dopo giorno, La vita non è sogno, Il falso, Il vero verde e La terra impareggiabile. Quasimodo fu anche un grande traduttore di lirici greci e latini. Le sue poesie più amate sono “Ed è subito sera” e “Vento a Tindari”
  • Carmelo Ottaviano  (19061980), filosofo, Ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Napoli
  • Raffaele Poidomani (19121979), romanziere e storico
  • Marcello Perracchio  (1938), attore
  • Andrea Tidona (1951), attore
  • Carlo Cartier (1951), attore
  • Anna Finocchiaro (1955), politico, senatore della Repubblica
  • Aurelio Grimaldi (1957), regista e sceneggiatore
  • Angelo Ruta (1967), scenografo, illustratore, regista
  • Chiara Civello (1975), cantautrice jazz di genitori modicani, ha partecipato al Festival di Sanremo 2012
  • Valeria Solarino (1979), attrice
  • Sergio Campailla, critico e saggista, ordinario di Letteratura nelle Università di Roma e di Napoli
  • Giuseppe Barone, Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania
  • Giorgio Avola (1989), schermitore, Campione d’Europa di fioretto a squadre a Lipsia, 2010, a Sheffield (2011), a Legnano (2012). Campione Europeo individuale di fioretto 2011, Sheffield. Medaglia d’oro a squadre, Olimpiadi, Londra 2012
  • Giorgio Scarso, presidente della Federazione Italiana Scherma e vice presidente della Federation Internationale d’Escrime (FIE)
  • Valeria Calabrese, Campione d’Europa 2010 di boxe femminile, cat. fino a 48 kg, in Ungheria
  • Beato Padre Arcangelo da Modica, cappellano nell’esercito Austriaco
  • Giovanni Caccamo (1990), cantautore pop, vincitore della sezione “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo 2015
  • Giovanni Di Raimondo – ingegnere e dirigente pubblico

Come arrivare

In automobile Modica è raggiungibile da Catania percorrendo l’A18, autostrada Catania-Siracusa, che prosegue con la A18 Siracusa-Rosolini, immettendosi poi sulla strada statale 115 Sud Occidentale Sicula da Rosolini verso Ispica e Modica. Altro percorso è quello della Strada statale 194 Ragusana, che da Catania va verso Ragusa, immettendosi poi senza soluzione di continuità sulla Statale 514 e sulla Statale 115, direttamente fino all’uscita per Modica. La Statale 115 garantisce i collegamenti con le città della Provincia di Siracusa da una parte, e sull’altro versante con Gela, Agrigento, fino a Trapani e le relative Province. Inoltre la SS 115 collega Modica con i comuni limitrofi di Ragusa, Comiso e Vittoria nel versante occidentale e con i comuni confinanti, di Ispica, Rosolini e Noto nel versante orientale. Strade provinciali collegano Modica con i comuni di Scicli, Pozzallo e Giarratana, e con le frazioni di Marina di Modica e di Sampieri (Scicli). Nei pressi della città, lungo la SS 115, si trova il viadotto Guerrieri, che per alcuni anni ebbe il primato di ponte stradale più alto d’Europa.

L’aeroporto “Pio La Torre”, gestito da Società Aeroporto Comiso è aperto al traffico commerciale nazionale ed internazionale, dista circa 40 km da Modica. Nato come aeroporto militare, è stato riconvertito all’aviazione generale civile e cargo ed è stato inserito nel piano regionale del trasporto aereo siciliano, che prevede la costituzione di due poli aeronautici: quello occidentale, costituito dagli aeroporti di Palermo e Trapani, e quello orientale, rappresentato dagli scali di Catania e Comiso. L’aeroporto è stato aperto al traffico civile il 30 maggio 2013.

La linea ferroviaria Siracusa-Gela-Canicattì, che attraversa il territorio comunale e serve la città di Modica, ha un solo binario, non è mai stata elettrificata, a causa della tortuosità che limita la velocità dei convogli. La stazione, che è in ottime condizioni, è ancora aperta nelle ore diurne. Si registra uno ridotto utilizzo da parte dei viaggiatori.

Mobilità urbana I collegamenti fra i vari quartieri di Modica sono coperti quotidianamente dall’Azienda Siciliana Trasporti che effettua servizi feriali dalle ore 7.00 antimeridiane alle 22.00.

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