Identità Mirabella Imbaccari

Amministrazione

SINDACO

Giovanni Ferro

In carica dal: 12/06/2017

Deleghe:

Politiche dell’Accoglienza – Polizia Municipale – Personale – Servizio Sociale – Rapporti con gli Emigrati

Sito istituzionale

www.comune.mirabellaimbaccari.ct.it

Dott. Filippo Granato

Deleghe:

Vice Sindaco -Bilancio – Tributi Locali – Contenzioso – Politiche Ambientali – Fondi Europei/Strutturali – Sanità – Innovazione

Giuseppe Siciliano

Deleghe:

Lavori Pubblici – Servizi Tecnici – Verde Pubblico – Servizi Cimiteriali – Politiche Attive del Lavoro – Urbanistica – Agricoltura

Simona Fiscella

Deleghe:

Pubblica Istruzione – Cultura – Museo del Tombolo – Protezione Civile – Rapporti con il Consiglio Comunale – Servizio Civile

Filippo Nisi

Deleghe:

Sport, Turismo e Spettacolo – Politiche Giovanili – Volontariato – Commercio – Sviluppo Economico – Attività Produttiva

Mirabella Imbaccari, Città del Tombolo

Museo del Tombolo – L’attività artigianale dei merletti a tombolo costituisce una ricchezza tipicamente locale, pregio e vanto di tutte le donne del paese. È possibile visitare un’ampia e curata esposizione di tali lavorazioni presso il nuovo Museo cittadino ad esso dedicato. Il tombolo – probabilmente nato in Cina e portato in Italia da Suore Missionarie – consente l’intreccio di filo di lino o di cotone attraverso il frusciare dei fuselli di legno abilmente manovrati da dita esperte. Nei locali del principesco palazzo Biscari le giovani donne mirabellesi, si raccolsero numerose per apprendere quell’arte che sarebbe diventata – e lo è ancora – il fiore all’occhiello del paese. Nel 1910 l’Opera del Tombolo venne ufficialmente istituzionalizzata con la venuta da Roma di quattro Suore dell’Ordine di Santa Dorotea espressamente chiamate dai principi Biscari a stabilirsi nel palazzo, assicurandone così la continuità. Da quel momento Mirabella fu tutto un fervore di tombolo che con l’andar del tempo ha cambiato per molti versi il volto del paese dandogli una posizione di primo piano anche in campo nazionale per la produzione di tali preziosi merletti, esposti nelle mostre di artigianato in varie città d’Italia ed estere. Il merito storico è da attribuirsi alla giovanissima moglie del principe Biscari, Angelina Auteri che, credendo fermamente nel suo ambizioso e coraggioso progetto imprenditoriale, offrì alle donne del paese la possibilità di rendersi indipendenti e di preparare da sé il corredo alle figlie. Il tombolo negli anni divenne una realtà economica molto forte, tanto da far meritare al paese la denominazione di “Città del Tombolo”.

Un detto locale recita: Tòmbulu, filu, spìnguli e fusella si vìdinu pi strati a Mirabella; cutri, linzola, fediri e servizi: Chistu è u paisi de merletti e pizzi. (Tombolo, filo, spilli e fusi si vedono per strada a Mirabella; federe, lenzuola e servizi: questo è il paese dei merletti e pizzi)

Toponomastica – Il nome di Imbaccari dovrebbe derivare dalla città del periodo siculo di Mactorium, poi Maccorium e, quindi, Maccari. Lo stesso centro si chiamerà Emicára o Imìcara nel periodo greco e Imachara in quello romano. In effetti, non ci sono prove certe sull’identità dell’antico comune con il moderno paese di Mirabella, perché le fonti storiche sono incomplete.

Origini – Le origini del paese sono controverse ed esistono varie interpretazioni: per alcuni il borgo fu fondato nel 1610 da Don Giuseppe Paternò, barone di Raddusa, il quale dopo aver ottenuto l’autorizzazione a costruire un paese all’interno del proprio feudo dal re Filippo II di Spagna, decise di intitolarne il nome alla propria moglie Eleonora Mirabella. Secondo altri, invece, potrebbe trattarsi dell’antica Imacara, città citata, fra gli altri, da Cicerone. Il feudo Imbaccari, nel periodo arabo, si trovava nel vastissimo territorio di Manzil Khalīl o Malgâ Halīl o Abū Halīl (alla lettera Quello di Abramo, letto come Rifugio di Abramo) e il suo casale, Ambakarih o Imakarah, faceva parte dei quindici casali che gravitavano attorno al borgo più importante di Iblātasah (che poteva costituire la variante araba del toponimo Ibla, o del latino Platea o Plutia, da cui avrebbe avuto origine il nome di Piazza Armerina). Dopo la guerra contro i musulmani, il feudo venne concesso dal conte Ruggero I d’Altavilla ai più valorosi combattenti lombardi, ma la popolazione rimase prevalentemente araba. Nel 1160 tra i grandi feudatari e gli abitanti delle provincie del regno, soprattutto delle colonie lombarde, aumentarono i malumori, le preoccupazioni e il risentimento per la politica permissiva di Guglielmo I il Malo verso gli Arabi e i Greci, che ancora abitavano quei territori e che si erano mostrati sudditi fedeli, utili nell’amministrazione dello Stato e nelle fila dell’esercito normanno. Una congiura di corte, capeggiata da Matteo Bonello, signore di Caccamo, e dai baroni più influenti del regno, portò all’uccisione dell’ammiraglio Maione da Bari, paladino della politica di pacifica convivenza con gli Arabi e coi Greci. Tancredi d’Altavilla dei conti di Lecce e Ruggero Sclavo, figlio illegittimo del conte Simone Aleramico di Policastro, si ribellarono a Guglielmo I e tornati da Palermo, dove era fallita la loro rivolta, furono aiutati dagli abitanti dei casali lombardi di Rambaldo, Rossomanno, Ciappa, Polino, Eliano e Comicino ad assaltare e massacrare i Saraceni che ancora vivevano nei casali di Iblātasah, Anaor, Rahal Phididi, Rahal Biât, Rabugino, Ramursura, Rachulmet, Garsiliato, Imbaccari e Gallinica, distruggendoli totalmente. L’anno seguente Guglielmo I, appena saputo della grave insurrezione, assediò i casali ribelli di Rambaldo, Rossomanno, Ciappa, Polino, Comicino ed Eliano servendosi anche dei soldati saraceni pronti a vendicare il massacro dell’anno prima. Li espugnò e li rase al suolo e lo stesso fece con Butera, risparmiando solo Fundrò, Rossomanno, Pietratagliata, Agata, Anaor e qualche altro casale dove si rifugiarono i superstiti. Il re tornò a Palermo a costituire due corpi di spedizione per combattere gli insorti della Calabria e della Puglia. Ad uno di questi corpi si arruolarono volontari i Lombardi superstiti dei borghi distrutti che, nella battaglia di Taverna (Cz), si coprirono di gloria a tal punto da meritarsi dal re il decreto di ricostruzione della loro città. Mentre, però, Ibla, Platia (Piazza Armerina) venne ricostruita nel 1163, gli altri casali rimasero definitivamente distrutti. Il casale feudale di Imbaccari, comprendente anche il màrcato di Piana di Minnelli, dal 1296 si frazionò in Imbaccari Sottano, diviso a sua volta in Baldo Inferiore e Baldo Superiore, e in Imbaccari Soprano, diviso anch’esso nei màrcati Sortavilla Inferiore e Sortavilla Superiore. Dopo alterne vicende legate alla Guerra del Vespro (1282- 1302) molti centri furono abbandonati. Il feudo riprese la sua vitalità soltanto verso la metà del XV secolo, favorito da un graduale ripopolamento della zona, dallo sfruttamento delle risorse agricole e soprattutto dalla decisione del barone di Raddusa di fondarvi il proprio centro cittadino. Nei secoli XII, XIII e XIV Imbaccari appartenne alle famiglie di nobili abitanti a Piazza (Goffredo di Mazzarino, Ugo Lancia, de Cardona, Villardita) e, nei primi anni del Quattrocento, alla famiglia de Landolina abitante a Caltagirone. Nel 1425 Giovanni (de) Landolina di Caltagirone fu costretto a vendere Imbaccari Sottano a Gualtiero Paternione (Paternò) e Spadafora, V barone del Burgio e I barone di Imbaccari Sottano. La famiglia Paternò continuò il possesso del feudo per oltre un secolo e mezzo, sino al 1585, quando il barone Giuseppe Maria Paternò e Gravina, barone di Granieri e Raddusa, vendette Imbaccari Sottano a Pietro Gaffori, barone del Toscano, tenendo per sé Baldo e Piana di Minnelli. Dieci anni più tardi il barone Paternò Giuseppe Maria e Gravina, rimasto vedovo, si sposò a Modica, per la seconda volta, con Eleonora Mirabella figlia ed erede di Biagio Mirabella e Landolina, signore di Carcaci e Racalcaccia, e quindici anni dopo, l’11 settembre 1610, chiese ed ottenne da re Filippo III d’Asburgo II di Spagna e II di Sicilia, la “licentia populandi” e il “mero e misto imperio” per il suo feudo Baldo e Piana di Minnelli per costruirvi così una “Terra”, ovvero un paese, dandogli il nome di Mirabella in onore della famiglia della moglie Eleonora. Nel 1624 il figlio di Giuseppe Maria Paternò e Gravina, Giacinto Maria Paternò e Mirabella, barone di Raddusa, Granieri e Destra, riacquistò il feudo di Imbaccari Sottano dai discendenti di Pietro Gaffori (Pietro e Chierico Francesco Gaffori) e nel 1630 ottenne la licenza, dal viceré Francesco Ferdinando de La Cueva, di trasferirvi il paese, già fondato nel 1610 nel feudo di Baldo, che, purtroppo, si era rivelato insalubre persistendo la malaria. A questo trasferimento si oppose la città di Piazza che si vedeva lesa nei suoi diritti perché privata da una parte delle entrate fiscali. Dopo sei anni di contrasti, pagando 200 onze ai Giurati di Platia, arrivò l’accordo risolutivo per ottenere la totale giurisdizione. Infatti, il viceré Luigi Moncada, principe di Paternò, concesse l’autorizzazione definitiva al trasferimento. Dal XVII secolo il territorio divenne proprietà della famiglia Trigonia. Nel 1693 infatti, il feudo di Imbaccari Sottano insieme alla Terra di Mirabella, per i debiti contratti da Francesco Maria Paternò e Tornambene, passò al barone piazzese Trigona Aloisio (Luigi) I. Dopo la rinunzia del figlio primogenito di Aloisio, Matteo Trigona, sacerdote e vescovo di Siracusa, nel 1715 ne mantenne il possesso il fratello, Ottavio Trigona. Nel 1730 Ottavio rinunciò in favore del figlio Aloisio II che se ne investì nello stesso anno. Poco tempo dopo Aloisio II vendette il feudo a Trigona Vespasiano, duca di Misterbianco. Ma nel 1734 lo recuperò, pagando i debiti del fratello Francesco Maria, Geronimo Paternò e Tornambene che, poco prima che morisse, vendette il diritto al recupero del feudo a Vincenzo Paternò Castello, IV principe di Biscari (1685-1749), il quale si investì del feudo di Imbaccari Sottano, Baldo e Terra di Mirabella nel 1737. Nel 1750, alla morte di Vincenzo Paternò Castello, il feudo d’Imbaccari Sottano, Baldo e Terra di Mirabella passò al suo primogenito, Ignazio Paternò Castello e Scammacca, V principe di Biscari detto il Grande (1719-1786), perché illustre mecenate, archeologo, numismatico e letterato nonché fondatore del museo Biscari di Catania. Alla morte del padre Ignazio si investì del feudo il figlio primogenito Vincenzo Ignazio Paternò Castello e Morso, VI principe di Biscari (1743-1813). Durante il suo possesso si congiunse nel 1792, sotto un unico signore, anche il feudo di Imbaccari Soprano e Sortavilla avendolo acquistato da Antonino La Grua e Branciforte principe di Carini e, sempre Vincenzo Ignazio, nel 1809, s’investì anche del feudo confinante Gatta. A Vincenzo Ignazio Paternò Castello e Morso successe il figlio Ignazio Vincenzo Paternò Castello e Arezzo, VII principe di Biscari (1781-1844) e barone di Imbaccari Sottano, Baldo, Terra di Mirabella, Imbaccari Soprano, Sortavilla e Gatta, alla cui morte successe il fratello Roberto Vincenzo Paternò Castello e Arezzo VIII principe di Biscari (1790-1857) che nel 1814 sposò Lucrezia Tedeschi ricevendo in dote anche le signorie del Toscano, Mandrile e màrcati di Toscanella. Il feudo rimase quindi sotto l’egida dei principi Biscari sino al 1925, anno in cui Mirabella divenne comune autonomo.

Mirabella Imbaccari contemporanea – Nel 1862 il Regio Decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele II stabilì che al nome di Mirabella dovesse essere aggiunto quello di Imbaccari, dall’omonimo colle sul quale sorge il borgo. A Roberto Vincenzo Paternò Castello e Arezzo successe nel 1861 per metà il figlio terzogenito Ignazio Vincenzo Paternò Castello e Tedeschi (1819-1888), per l’altra metà successe il 14º e penultimo figlio, Camillo Paternò Castello e Tedeschi (1835-1880), sposatosi nel 1872 con Maria Stagno dei principi d’Alcontres. Dal loro matrimonio nacquero Roberto Paternò Castello e Stagno (1875-1895) e Ignazio Paternò Castello e Stagno (Catania 1879 – Monza 1944). Ignazio fu l’ultimo della famiglia Paternò Castello che nel 1897 ereditò i beni di Mirabella Imbaccari parte per diritto ereditario e parte per transazione. Si sposò nel 1899 con Angelina Auteri (Napoli 1880-Legnano 1964), in seguito suor Maria di Gesù, figlia del barone catanese Franco e della pugliese Maria Gaetana Gionti. Il barone Ignazio frazionò il feudo in piccoli appezzamenti e donò sia il Palazzo Baronale all’Istituto delle Suore Dorotee (1928) che il terreno in c/da Orto Canale per la costruzione delle Scuole Elementari (1930), prima di entrare tra i Chierici Regolari di San Paolo detti PP. Barnabiti a Monza.

Centro storico – Tra le più importanti architetture locali spicca la Chiesa madre intitolata a Maria Santissima delle Grazie. Fu edificata tra il 1635 ed il 1637 da Giacinto Paternò che si occupò, nello stesso periodo, della costruzione del Palazzo e delle 60 case disposte lungo l’attuale via Trigona. Durante il terremoto del 1693, la chiesa subì parecchi danni, riparati in seguito da Don Luigi Trigona e dai suoi successori. Insigne monumento di architettura in stile barocco-siciliano s’innalza, fronteggiando il palazzo Biscari lungo la via Trigona, sulla piazza principale del paese, Piazza dei Vespri. Alla chiesa si accede attraverso un’ampia scalinata. Il suo prospetto, a tre ordini architettonici, delineato da grandi lesene con basi e capitelli, è ornato di un grande ed artistico portale con fregio e timpano, di una finestra con statua di pietra della Madonna col Bambino, di un grande orologio civico, di un campanile a trifora, con archi a tutto sesto, e di un timpano terminale con croce ed acroterii. Al suo interno è possibile visionare un Sarcofago che racchiude le spoglie di Giuseppe e Innocenza Paternò; una tela della Crocifissione, che si presume essere stata dipinta da Michelangelo da Gangi appartenente alla scuola di Giuseppe Salerno detto lo zoppo di Ganci; un dipinto raffigurante la Trasfigurazione, opera di Michele Salvo da Gangi; un quadro dell’artista mirabellese Vincenzo Di Fazio (1884-1968) raffigurante l’Ascensione.

Architettura Religiosa

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù fu provvisoriamente ricavata, nel dicembre 1908, dai magazzini della famiglia Politini dopo un fallito tentativo di portare a termine nel 1904 la costruzione di una seconda chiesa in Mirabella. La nuova costruzione si era resa necessaria dopo il terremoto dell’8 dicembre di quello stesso anno, che aveva reso inagibile la pericolante chiesa madre. Il promotore della nuova costruzione fu il parroco Rosario Giustolisi (1882-1935) che, validamente aiutato da un comitato civico e dall’entusiasmo dei fedeli del quartiere delle Forche, diede stabile struttura ai locali della nuova chiesa. Questa nel 1911 ottenne il riconoscimento canonico dalla competente autorità ecclesiastica. L’interno, a tre navate, è decorato da: un grande Crocifisso di legno di Vincenzo Moroder del 1953; l’originario altare maggiore di marmo ornato dalla statua di legno del Sacro Cuore di Luigi Santifaller; l’altare conciliare di marmo dei fratelli Alberghina; due altari laterali con la statua lignea di S. Antonio (Santifaller) e una statua di cartapesta della Madonna di Lourdes; una tela con angeli, recanti simboli della passione, di un non meglio identificato Albino; il fonte battesimale di marmo di Carrara del 1940 e dal portale di noce di Salvatore Massari del 1961.

Architettura Civile

Palazzo Biscari. È il monumento più insigne, unitamente alla Chiesa Madre, presente nel Comune di Mirabella. In esso attualmente ha sede l’Istituto delle Suore di Santa Dorotea. Sorge sul punto più alto del paese, sullo sfondo della via Trigona, che è l’arteria più antica. Lo stile architettonico barocco-locale è apprezzabile nel portale, negli stipiti e nelle finestre di pietra intagliata. Presenta balconi in ferro bombato e sul frontespizio, troneggia lo stemma della casa gentilizia dei Biscari. Il palazzo, molto ampio, possiede un cortile interno, detto baglio, cinto da terreno coltivato a giardino e orto e, a levante, da un boschetto. Al centro dell’androne, pavimentato con mattoni di argilla ordinari, vi è una grande cisterna con due colonnine di ferro battuto, alimentata dalle acque piovane. Dall’androne si accede, attraverso un’ampia scala in pietra, al piano superiore dove sono ben custoditi alcuni mobili antichi lasciati dai Biscari e quadri di pregio di loro antenati. Nella grande stanza che un tempo fu la camera da letto dei coniugi Biscari, è oggi presente la Cappella delle Suore. Annesso al palazzo Biscari, nella parte di tramontana, sorge quello che comunemente viene chiamato il Carcere (tipica costruzione coi merli sovrapposti, un tempo luogo di pena ed oggi utilizzato per attività di carattere sociale).
Il Monumento ai Caduti, inaugurato nel 1938 durante l’Amministrazione del Cav. Benedetto Lo Presti, fu collocato di fronte al Palazzo Biscari. Il monumento, realizzato in bronzo da Pietro Montana, raffigura un poderoso soldato che sorregge una donna prostrata e afflitta; è un dono dei Mirabellesi residenti negli Stati Uniti d’America. Nel 2014 piazza S.Paola Frassinetti è stata sottoposta a restauro, la scalinata d’accesso al Palazzo Biscari è stata ricostruita ed il Monumento ai Caduti è stato ripulito e spostato alla sinistra del palazzo.
Palazzo Giangrande. Costruito sotto il carcere o castello, è posto ad angolo con l’attuale via Politini e via Castello. La sua costruzione risale alla stessa epoca del palazzo Biscari. Si possono ammirare il portale che si apre in via Castello, realizzato in pietra intagliata con lesene e capitelli, ed il portale sulla via Politini, intagliato anch’esso ma con linee differenti.

Il paese è oggi un centro agricolo specializzato nella produzione e nel commercio di cereali, ortaggi, olive, uva, mandorle e nocciole. Punta a divenire un importante luogo di riferimento per la tutela e lo sviluppo dell’artigianato locale, strettamente legato al ricamo e, allo stesso tempo, un polo attrattivo per il turismo.

Evoluzione demografica – Mirabella Imbaccari è protagonista di un progressivo spopolamento; anno dopo anno i residenti in entrata risultano di numero inferiore a quelli in uscita. Fra il 2005 ed il 2006, il trend negativo ha subito un’accelerazione, ripresentatasi successivamente nel biennio 2010-2011. La rapidità del fenomeno è presto individuabile, basti pensare che in soli 12 anni (2002-2014) si è passati da una popolazione di 6.500 residenti a soli 5.000, e la tendenza sembra non avere battute d’arresto.

Musei – I ricami a Mirabella Imbaccari rappresentano una tradizione consolidata: già nel 1910 una nobildonna, Angelina Auteri, istituì nella città l’Opera del Tombolo, un’associazione che aveva lo scopo di divulgare l’arte del ricamo fatto a mano. Dal 1961 al 1974 si è svolta la Mostra del Tombolo in concomitanza della festa patronale e nel 1986 è stata inaugurata come Mostra permanente, ubicata nei locali dell’ex scuola media. Il 18 marzo 2012 è stato inaugurato il Museo del Tombolo, un edificio moderno in cui si trovano esposti pregiati merletti di ogni forma e misura.

Sacro e Profano – Tra gli eventi maggiormente partecipati dagli abitanti vi è la celebrazione dei patroni San Giuseppe e Maria Santissima delle Grazie. Il 19 marzo, nel giorno di San Giuseppe, i devoti addobbano, con una gran varietà di cibi, gli altari di San Giuseppe. Si tratta di un voto che molte persone fanno in onore del Santo per grazia ricevuta. Per tradizione il cibo preparato è destinato ai tre poveri che presenziano al pranzo; si tratta di un uomo, un ragazzo ed una ragazza rappresentanti i tre personaggi della Sacra Famiglia. In quest’occasione, vengono realizzate alcune particolari forme di pane: il pagnoccu, la cuddura ed il gaddu. Caratteristici, i Lamenti in dialetto locale che si cantano il 19 marzo durante la visita agli altari ed il Venerdì Santo durante il percorso delle processioni; si tratta di canti modulati su cadenze arabesche che ricordano i misteri della Passione e Morte del Signore. Il Viaggio al Calvario, è una processione suggestiva, commovente e partecipata, sia pure alquanto ridimensionata negli ultimi tempi per la mancanza dei confrati col cappuccio, che si svolge la mattina del Venerdì Santo con una grande croce portata da un devoto. La sera, con partecipazione massiva, si svolge la tradizionale processione del Cristo Morto e dell’Addolorata. La Festa di Maria Santissima delle Grazie, la penultima domenica di agosto, registra una partecipazione popolare plebiscitaria soprattutto durante la processione che si snoda attraverso le vie del paese. Caratteristiche, sono le promesse con i ceri e le catene ai piedi. La programmazione prevede anche spettacoli pirotecnici e concerti. Il 12 e 13 Dicembre, in occasione della Festa di Santa Lucia, si svolge la sagra della tradizionale cuccìa, in Piazza Vespri si accende la Vampa (falò). A Carnevale, vengono organizzate sfilate di carri allegorici e gruppi mascherati; la manifestazione si conclude con una premiazione e si protrae con balli nella piazza principale.

Pietanza tipica del posto è la cuccia, piatto arabo a base di grano bollito condito con olio; è possibile degustare il prodotto durante la sagra ad essa dedicata.

  • Matteo Peri – politico
  • Michele Zuccalà (Mirabella Imbaccari, 19 febbraio 1924 – 30 giugno 2006) è stato un politico italiano

Come arrivare

Mirabella Imbaccari dista 16 km da Caltagirone, 14 km da Piazza Armerina, 29 km da Gela, 46 km da Enna e 75 km da Catania e da Ragusa.

È raggiungibile da Catania, attraverso la Strada Statale 417 in direzione Variante di Caltagirone, quindi bisogna proseguire sulla SP37 e successivamente sulla SP216.

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