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Omicidio a Vittoria del trentenne Marwen Seliman: l’USB Ragusa lancia un appello alle Istituzioni

"Questi ragazzi sono il sottoprodotto del degrado umano, sociale e politico offerto dalle campagne del ragusano"

(19 gennaio 2023 – Omicidio a Vittoria del trentenne Marwen Seliman: l’USB Ragusa lancia un appello alle Istituzioni)

Il recente Capodanno è purtroppo passato alle cronache per il brutale omicidio del trentenne tunisino Marwen Seliman che all’alba dell’1 gennaio, mentre usciva dalla discoteca “La Dolce Vita” di Vittoria, è stato barbaramente ucciso a colpi di sprangate e coltellate da tre cittadini romeni, di cui due minorenni. Il motivo sarebbero state delle “avances di troppo” ad una ragazzina facente parte del gruppo dei ragazzi romeni. La vicenda ha scosso profondamente tutta la comunità e in tanti sono intervenuti ribadendo unanimi che il tragico episodio rappresenta solo un tassello di un puzzle molto più complesso, quella della cosiddetta “fascia trasformata del ragusano”, lembo di territorio completamente abbondonato dalle Istituzioni e dove vivono nel totale isolamento centinaia di famiglie principalmente straniere, impiegati soprattutto come braccianti agricoli.

La Federazione del Sociale USB Ragusa, da tempo impegnata in questa fascia di territorio nel contrasto allo sfruttamento lavorativo con il proprio sindacato di strada e con uno sportello d’aiuto attivo ad Acate, è intervenuta con una nota sul tragico omicidio avvenuto in contrada “Alcerito” a Vittoria: «USB condanna fermamente il brutale omicidio di Capodanno e si stringe al dolore della famiglia della giovane vittima, Marwen Seliman, ma non possiamo non ricordare che in questa tragica storia le vittime sono tante: il giovane lavoratore agricolo ucciso barbaramente e la sua famiglia, ma anche le famiglie degli omicidi e i giovani assassini stessi. Conosciamo personalmente i soggetti coinvolti e non si tratta solo di minori “allo sbaraglio” ma anche di lavoratori sfruttati, ragazzi che non hanno avuto alcun tipo di accesso all’istruzione scolastica, minorenni che hanno assistito per tutta la loro vita allo sfruttamento dei propri genitori nelle stesse campagne in cui abitano».

«Questi ragazzi sono il sottoprodotto del degrado umano, sociale e politico offerto dalle campagne del ragusano – continuano -: non vogliamo giustificare o sminuire in qualsivoglia modo l’accaduto o i colpevoli di un omicidio tanto barbaro ma è giusto che la riflessione generale verta su un punto principale: di cosa stupirsi, se per decenni e decenni si è seminata incuria sociale e negligenza»?

In sostanza siamo di fronte ad un contesto sociale al di fuori di ogni norma europea, dove lo Stato e la legge non esistono, dove regnano sfruttamento, violenza e miseria; un substrato sociale ed etnicamente misto di assoluta povertà educativa nel quale i minori non possono permettersi il lusso di andare a scuola e studiare, in quanto non sussistono mezzi di trasporto fruibili – scolastici od urbani generici – e le scuole sono distanti dalle campagne. Inoltre, centinaia di minori devono contribuire al sostentamento familiare, ergo lavorano nelle serre in condizioni lavorative da lager mentre altri non sono neppure anagraficamente esistenti per lo stato italiano.

«Un contesto che genera mostri, anche quelli più intollerabili. Nella fascia trasformata si muore in tanti modi: per strada mentre ci si reca al lavoro, con un colpo di pistola, con una spranga o un coltello, pestati e buttati in un fosso, seppelliti con una colata di cemento o semplicemente si scompare nel nulla, nel più sferzante oblio istituzionale e mediatico, come successo a Daouda Diane, il mediatore culturale ivoriano di cui non si ha notizia alcuna da più di 6 mesi. Il nostro appello e la nostra condanna al loro silenzio va ancora una volta alle Istituzioni, ai Sindaci, ai Servizi sociali completamente assenti, al “Tavolo contro il Caporalato” (RG) che al proprio interno consta anche di una sezione impegnata nell’ambito dei diritti dei minori, con vari progetti e fondi, ai Partiti e alle Associazioni, ai Sindacati, ben consci dello stato in cui versano le nostre campagne e delle situazioni alle quali devono far fronte migliaia di lavoratrici e lavoratori di varia origine ed etnia, a non rimanere più in silenzio. È come stupirsi di una sparatoria ad opera di minori a Scampia: bisogna farlo per non cedere all’imbruttimento umano, sociale, etico e morale che molti contesti alimentano ma non lo si può fare se prima non si cercano soluzioni strutturali per evitare che accadano. Quanto sangue devono ancora versare, per un motivo o per un altro, le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori praticamente relegati al ghetto delle serre? Quanti morti dobbiamo ancora seppellire prima di agire?»

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