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Emissioni industriali a Melilli, la rabbia dei residenti. E i bambini vanno in consiglio con le mascherine

Non si spegne l’eco dell’ennesimo episodio di emissioni maleodoranti accaduto domenica mattina a ridosso dell’area industriale. La nube maleodorante ha interessato il centro abitato, e la popolazione è stata invitata a non uscire di casa

(20 marzo 2019)

Una raccolta di firme che conta ormai più di 122 mila sottoscrizioni per chiedere chiarezza sulle emissioni industriali, e un flashmob silenzioso inscenato da bambini con il volto coperto da mascherine durante l’ultima seduta del Consiglio comunale di Melilli. Non si spegne l’eco dell’ennesimo episodio di emissioni maleodoranti accaduto domenica mattina a ridosso dell’area industriale, in questo caso, come documentato dalla stessa azienda, dovuto alla messa in servizio di un impianto della Versalis, (un episodio simile si verificò nel 2015). La nube maleodorante che ne è derivata ha interessato per gran parte della mattinata il centro abitato di Melilli, e per questo la popolazione è stata invitata dalla locale sezione di Protezione Civile a chiudere porte e finestre e non uscire di casa.

Ad amplificare quanto accaduto, proprio ieri, un gruppo di bambini con il volto coperto da mascherine chirurgiche e recanti al collo cartelli con la scritta “Voglio diventare grande” ha fatto la sua comparsa nell’aula consiliare di Melilli in occasione della convocazione del civico consesso. I piccoli manifestanti hanno assistito in rigoroso silenzio alla prima parte dei lavori dell’assemblea per poi ritirarsi, seguiti da un lungo applauso (così come erano stati accolti), alla sospensione dei lavori a seguito di polemiche subentrate tra maggioranza ed opposizione. “Il gesto – spiega la melillese Miriam Fazzino, promotrice dell’iniziativa – è stato organizzato per sensibilizzare l’Amministrazione e dare un messaggio forte, visto che nell’ordine del giorno del consiglio comunale di Melilli non c’era nessun riferimento ai miasmi e alle situazioni avvenuti domenica mattina. La mia, – continua – è stata una protesta da libera cittadina. Molti hanno detto che ci siamo fatti strumentalizzare dall’opposizione, ma la nostra iniziativa non ha colore politico: siamo mamme preoccupate per quello che è accaduto”.

A rincarare la dose, ma questo avviene già da qualche mese, la petizione lanciata sul sito Change.org dall’ambientalista siracusano Giuseppe Patti, diretta al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal titolo “Fermiamo l’inquinamento a Siracusa!” tramite la quale Patti chiede: “Che cosa respiriamo nel quadrilatero industriale di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa? Che correlazione c’è tra l’inquinamento industriale e i tantissimi casi di morte per tumore che si registrano tra la popolazione di questa zona di Sicilia?”. Quesiti dai quali non può prescindere la questione della qualità delle emissioni e della loro misurazione, querelle da tempo al centro della polemica a causa delle vetustà delle apparecchiature di monitoraggio, le 3 centraline dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) e le 8 gestite dalla ex Provincia Regionale, oggi Libero Consorzio. Congegni che sarebbero ormai incapaci di registrare le variazioni nella concentrazione dei diversi inquinanti (l’attuale taratura di campionamento ne comprenderebbe solo pochi rispetto ad un area a così alta concentrazione industriale) a causa del mancato aggiornamento del Catasto Nazionale degli Inquinanti da parte del Governo Nazionale.

Peppe Patti

“La questione delle rilevazioni è un problema che parte da lontano, lo sollevò negli anni ’80-90 l’allora direttore dell’Arpa, Angelo Stoli” racconta la biologa Mara Nicotra, che all’argomento emissioni industriali ha dedicato gran parte dei suoi studi e un libro. “Io stessa – prosegue – nel 2014 ho studiato il sistema di monitoraggio delle centraline della ex provincia, ho contestato i dati del Cipa (Consorzio industriale protezione ambiente) alla presentazione dei dati del report ogni cinque anni. Pensate che nel 2004, dopo la nube tossica proveniente dall’Icam, oggi Versalis, che raggiunse Melilli, tutti i comuni limitrofi alla zona industriale, il Cipa, l’ex Provincia regionale, il Consorzio Asi, la Regione e il Ministero dell’Ambiente firmarono un protocollo d’intesa per contrastare questi miasmi olfattivi”.

A Melilli avete fondato anche un Comitato no smog, e se ne parlò tanto pure a distanza di anni…

Si, ma nulla è mai stato risolto. Ad un certo punto mi son detta: io non ci credo più a questa favoletta del Cipa sul fatto che l’aria è salubre e in seguito ai miei studi (tra il 2009-2013, confermati da quanto mi diceva anche l’allora direttore dell’Arpa Gaetano Valastro), effettivamente c’erano nell’aria picchi orari giornalieri di benzene e di concentrazione di idrocarburi non metanici. Priolo era il comune più colpito e su Melilli, oltre al benzene e agli idrocarburi, c’era anche idrogeno solforato con soglie ben oltre la tollerabilità dalla salute umana, ma purtroppo non erano normati dall’attuale codice ambientale e il Cipa diceva sempre che era tutto ok. Faccio riferimento al d.lgs n.152/2006 che regolamenta, tra gli altri, la Via (Valutazione di impatto ambientale) la Vas (Valutazione ambientale strategica) e la IPPC (Autorizzazione ambientale integrata), sulle quali deve adeguarsi l’attività svolta da ciascuna azienda industriale operante sul nostro territorio. Quindi, in pratica, queste apparecchiature, peraltro obsolete perché costruite negli anni’ 60, usate a singhiozzo e non per tutti i 365 giorni all’anno, sono interconnesse sia col Cipa che con la ex Provincia, ma in realtà chi determina lo stato di salute dell’aria è il Cipa, quindi le industrie si autocontrollano!

Quali allora le soluzioni possibili a questo stato di cose? 

Dovrebbe esserci un sistema di telerilevamento ad infrarossi collegato con i Comuni coinvolti, in modo che in caso di sforamento dei livelli si possa fare scattare subito l’allarme, (domenica è scattato a Melilli in seguito alle migliaia di telefonate dei cittadini per l’aria irrespirabile) così come esiste a Venezia per Porto Marghera. Gli impianti esistenti devono essere monitorati seriamente ma dall’Arpa, organo che dovrebbe essere potenziato. Inoltre, bisogna che la Regione attui seri piani di risanamento ambientale, perennemente bloccati non si sa perché, e infine, ma non ultimo per importanza, serve un decreto regionale ad hoc che regolamenti finalmente i limiti orari delle emissioni di tutti gli idrocarburi e i solfuri di derivazione petrolchimica in recepimento della normativa europea. Sia ben chiaro, io non sono contro le industrie ma per uno sviluppo sostenibile e senza il continuo ricatto del posto di lavoro. Prima viene la salute e poi l’occupazione, anche perché se ti viene il cancro cosa te ne fai del lavoro?

Nadia Germano Bramante

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