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Covid, “ogni persona che ci sta vicino dobbiamo considerarla a rischio”

L’ufficio diocesano per la pastorale della salute di Ragusa ha incontrato il virologo Fabrizio Pregliasco

(19 ottobre 2020)

“Restare umani ai tempi del Covid”. Questo il tema trattato ieri mattina dal prof. Fabrizio Pregliasco, docente, virologo e ricercatore presso l’Università di Milano, in collegamento streaming con l’ufficio diocesano per la Pastorale della salute di Ragusa, in collaborazione con l’Asp e l’Hospice dell’ospedale Maria Paternò Arezzo. E’ stato il direttore dell’ufficio diocesano, don Giorgio Occhipinti, a moderare i lavori, andati in onda in diretta sui canali di Video Mediterraneo, alla presenza del responsabile dell’Hospice, la dottoressa Antonella Battaglia, che è anche vicedirettore dell’ufficio diocesano, e di Stefania Antoci, psicologa-psicoterapeuta dell’Hospice, nonché segretario della Pastorale della salute. Il prof. Pregliasco, come nel suo stile, è stato molto chiaro e diretto descrivendo le problematiche oggetto del confronto nel contesto, tra l’altro, di una giornata molto particolare, la ricorrenza di San Luca evangelista, medico.

“La situazione attuale – ha detto Pregliasco – non è delle migliori. Dobbiamo considerare qualcosa di ineluttabile questo virus che continua a diffondersi e cerca di trovare la strada per fare il suo sporco mestiere nei nostri riguardi. Causa malattie banali, nella maggior parte dei casi, ma quando inciampa in soggetti più fragili tutti sappiamo quali sono i risultati che determina. E’ difficile parlare di questo virus in modo equilibrato perché, come abbiamo visto nella comunicazione e nei media, c’è una divisione di massima tra catastrofisti e negazionisti. Anche perché il vissuto di ciascuno di noi è quello portato avanti come se si trattasse di una guerra da compiere rispetto a qualcosa che non si vede”.

covid ogni persona è a rischio

Pregliasco ha poi aggiunto, entrando nel vivo della tematica della giornata, che “ogni persona che ci sta vicino in questo momento dobbiamo considerarla a rischio. Questo non significa, però – ha spiegato – che dobbiamo allontanarla. Sarebbe un errore. Piuttosto, dobbiamo adottare un nuovo galateo, che tra l’altro abbiamo ben realizzato durante la prima fase del lockdown quando l’emergenza era più stringente. Ci si deve abituare al rischio, come succede nelle professioni, nel lavoro, quando ci si espone a rischi continuativi o come, anche, semplicemente quando si guida: all’inizio si ha paura ma poi si prende troppa confidenza e si fanno sorpassi azzardati. Voglio dire che la situazione attuale era di fatto attesa, checché se ne dica. Aumentando i contatti, il virus ha preso la capacità di ridiffondersi a livello epidemico con una crescita esponenziale non più lineare. Sappiamo già che i casi attuali diventeranno ancora di più e, in ogni caso, rispetto al marzo scorso, sono più rappresentativi della verità perché una parte di queste persone è asintomatica o poco sintomatica. Nel prossimo futuro, occorre continuare ad essere molto attenti, preservare la scuola e poi il lavoro per quanto possibile perché è ovvio che la pandemia procura disastri economici e poi anche psicologici. Se non invertiamo la rotta, ci potremmo ritrovare a un nuovo lockdown intorno a Natale. Invece, abbiamo ancora la possibilità di agire”.

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