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Covid, attenti agli occhi! Le raccomandazioni del dottore Fede

Ricordate il medico cinese che per primo diede l’allarme di una possibile epidemia di origine virale a Wuhan, poi morto a causa del Covid 19? Il suo nome era Li Wenliang, ed era un giovane oculista

(19 gennaio 2021)

Coronavirus e occhi rappresenta di certo un legame a cui si pensa troppo poco. Volendo far chiarezza sui principali sintomi del virus, e sulla connessione tra covid e congiuntivite virale, abbiamo chiesto al dott. Antonio Fede, oculista di Ragusa, di approfondire l’argomento. Questa è anche l’occasione per inaugurare la nuova rubrica sulla salute, sempre cura del dott. Fede.

È ancora aperto il dibattito su come si diffonda l’infezione del virus Covid 19, quali canali preferisca, cosa faccia impennare i picchi, quali dispositivi siano più idonei a preservarci dal contagio e quanto siano importanti le ricadute di tali scelte sulla nostra vita: scuola, trasporti e lavoro. Questi duri mesi di pandemia ci hanno insegnato che il virus “cammina con le nostre gambe”, cioè che tanto maggiore è il flusso di persone, tanto maggiore è il rischio di diffusione della malattia. Conosciamo l’importanza della distanza di sicurezza (quella che con un termine non proprio opportuno, viene definita “sociale”) e soprattutto dell’uso dei dispositivi di protezione individuali; primi tra questi le mascherine e i guanti. Tra smentite e prove a favore, pare che il virus possa sopravvivere sulle superfici fino a diverse ore, trovando favorevoli condizioni di temperatura e umidità. Il virus, di per sé, non può avere lunga vita autonoma, ma soprattutto non può moltiplicarsi, se non penetra dentro una cellula, utilizzandola come
fabbrica di se stesso. Per questo semplice motivo, siamo noi a trasmetterlo da un individuo ad un altro e tanto più il nostro comportamento è così superficiale da non tenere conto delle norme basilari di igiene e di prevenzione, tanto più la pandemia se ne avvantaggerà. Disinfettare le superfici, ma anche lavarsi le mani spesso, sono tra le norme che ci sentiamo ripetere da un anno a questa parte, per fermare il virus. Ma, considerato che il virus deve entrare nel nostro organismo per produrre i suoi effetti devastanti (polmonite interstiziale), oltre alle vie aeree (naso / bocca), quali altre vie di accesso esistono per contagiarci?

Ricordate il medico cinese che per primo diede l’allarme, non creduto anzi osteggiato dal suo regime, di una possibile epidemia di origine virale a Wuhan, poi morto a causa del Covid 19? Il suo nome era Li Wenliang
ed era un giovane oculista che a novembre del 2019 aveva avuto modo di osservare un discreto numero di congiuntiviti in soggetti affetti da una forma ancora sconosciuta di polmonite. Il giovane Li aveva visto giusto. Il Covid 19 aveva negli occhi un organo bersaglio e la congiuntivite che si produce è una forma virale, difficilmente distinguibile da altre di origine diversa (da infezione delle prime vie aeree), ma presente in un contesto sintomatologico inconsueto (febbre, tosse, mal di testa, mal di gola, nausea o dissenteria, dolori diffusi, perdita di olfatto e gusto), quale quello tipico dell’infezione da Covid 19. Le congiuntiviti virali provocano arrossamento, lacrimazione e ingrossamento dei linfonodi posti vicino all’orecchio o sotto la mandibola. Generalmente sono monolaterali e hanno il loro agente infettante nell’adenovirus (virus tipico delle banali faringiti), ma ha in comune con il Coronavirus l’estrema contagiosità (questo tipo di infezione prende il nome di “epidemica”), anche se benigna e si risolve spontaneamente, è fastidiosa e lunga.

Anche se solo un 3% dei soggetti affetti da infezione da Covid 19 mostra tra i sintomi una congiuntivite, è necessario pensare alle lacrime come una possibile fonte di contagio e di propagazione della malattia. Appare necessario estendere anche agli occhi le precauzioni e le attenzioni che riserviamo alle mani, naso e bocca. Pensiamo a questi organi come ad una possibile via di accesso del virus, ma dobbiamo anche considerare un modo diverso di trasmissione attraverso lacrime infette. Nella triste condizione che stiamo vivendo, noi oculisti abbiamo un ruolo importante nell’educare ed informare, ma anche la responsabilità di proteggere chi si affida a noi, utilizzando procedure che mettano al riparo da rischi di contagio.

Antonio Fede

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