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Uomini e donne insieme per la lotta alle disuguaglianze: “Il valore delle differenze ci salverà”

Intervista a Marcella Cannariato, Presidente dell’Associazione Fiori d’Acciaio

Solo il valore delle differenze ci salverà”. Comincia così Marcella Cannariato, Presidente dell’Associazione Fiori d’Acciaio che da cinque anni si occupa dei diritti delle minoranze, della loro inclusione ma, così come ci tiene a sottolineare, soprattutto di fatti. FdA è l’acrononimo dell’Associazione, simbolicamente rappresentata nell’immagine del logo da una pianta di cappero: pervicace, determinata, resiliente nell’affrontare il caldo e la siccità. Proprio come le donne: resilienti.

Marcella Cannariato ci racconta come e quanto, però, dalle attività di questa Associazione non siano esclusi gli uomini. Anzi, al contrario. “La nostra – dice – è una politica del fare non rivolta esclusivamente alle donne. Noi lavoriamo con gli uomini e anche per loro. Perché ampliare il piano di azione delle donne contribuirà a migliorare questo mondo. Migliori condizioni di lavoro per le donne porteranno, necessariamente, ad un aumento del prodotto interno lordo. Un beneficio per tutti”.

Come e quando nasce Fiori d’Acciaio?

“L’idea di costituire un’associazione rivolta alle donne nasce alcuni anni fa quando, come referente per la Sicilia della Fondazione Bellisario (Lella Golfo è stata per me una guida preziosissima), mi rendo conto che esisteva da noi un gap proprio in questo ambito. Palermo è stata ricca e generosa di associazioni al femminile. Ma questo accadeva, almeno, un decennio fa. Constato che le ultime generazioni abbiano messo da parte la rivendicazione di una propria autonomia e determinazione. Serviva una spunta propulsiva. Un’azione in sinergia con altre realtà associative che rimettesse tutto in movimento e ravvivasse lo spirito fattivo e costruttivo delle donne. Prima di costituire, sotto il profilo burocratico, l’associazione, abbiamo pensato che fosse necessario tastare il terreno e capire quali fossero i nostri principali referenti. Pensando ad una pletora giovanile ci siamo dedicati per un anno ai social. Le nostre idee e i nostri progetti hanno, così, cominciato a viaggiare su facebook. In pochissimo tempo abbiamo raccolto molti simpatizzanti e molte persone volenterose di mettersi a lavoro. Oltre trentamila persone ci seguono sulla nostra pagina. Era giunto il momento di passare alla pratica e così, cinque anni fa, abbiamo fondato FdA costituita da sette donne e un uomo”.

Qual è stata la prima iniziativa che avete promosso?

“Il primo tema affrontato è stato quello dell’immigrazione e dell’emigrazione. L’Associazione ha condotto alcuni studi e indagini e alla fine è stato fisiologico organizzare un convegno nazionale al quale, tra gli altri, parteciparono l’allora Capo del Dipartimento degli Interni per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Mario Morcone, la portavoce per il Sud Europa dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Carlotta Sami, e Gianfranco Fini. Dall’indagine che avevamo condotto erano emersi dati interessanti ma anche preoccupanti. La ricerca era incentrata sul fenomeno dell’emigrazione nel Sud Italia, in particolar modo in Sicilia, e ci diceva che, negli ultimi tre anni, dati aggiornati a quel momento, erano andati via 29.160 abitanti, con un calo del 4,2%, tra studenti e forza lavoro, divisi tra chi ha un’alta specializzazione e chi no. Nel capoluogo siciliano, oggi, un giovane su 4,2 lavora”.

Quindi cervelli in fuga. Anche questa è tra le vostre priorità?

“Certamente. Come potrebbe non esserlo? Lo ripeto: FdA non vuole dialogare solo con le donne. Parte, certamente, da lì il nostro impegno. Ma, molto presto, ci siamo resi conto di quanto fosse discriminatorio, per certi versi, parlare solo di donne e lottare solo per i loro diritti. Il nostro spirito è volto a sostenere tutte le minoranze, ogni singola discriminazione perpetrata insistentemente e incessantemente nei confronti una persona. Nel Meridione il tasso di occupazione giovanile, dal 2001, è sceso al 27,6%, mentre quello nazionale è del 40,2%. Di conseguenza, il tasso di emigrazione dei giovani del sud, tra il 2000 e il 2012, è cresciuto dal 10,7 al 25%. Da 1 giovane su 10 che andava via nel 2000, oggi a far le valigie è 1 ragazzo su 4, molti di essi hanno anche conseguito la laurea. Le mete sono state il nord Italia, ma oggi è molto considerato anche l’estero. Tanti cervelli in fuga, che nella maggior parte dei casi, al sud Italia non tornano più. Sul tema dell’immigrazione abbiamo fatto una collaborazione con l’istituto comprensivo Politeama di Palermo per un concorso di idee sulla base di storie legate alla migrazione e ai concetti di accoglienza, integrazione e diritti, realizzando disegni, video, e poesie. I loro lavori furono esposti in occasione di quel convegno. La scelta di quell’Istituto non fu casuale, dato che vanta un’alta percentuale di studenti extracomunitari”.

Sempre sul tema dell’accoglienza vi siete intestati un altro progetto legato alla Siria. Ce ne parla?

“Abbiamo immaginato un corridoio umanitario con la Siria. Una mano tesa ai giovani profughi siriani. Il progetto prevede di accogliere qui a Palermo coloro i quali vogliano studiare nelle nostre università, formarli dal punto di vista didattico, offrire loro gli strumenti e le buone pratiche perché tornino nel loro Paese ricchi di competenze e capacità, al fine di rendersi autonomi e creare impresa. È un polo con una cultura occidentale fatto di imprenditori, professionisti, artigiani, operai. La guerra li ha messi in ginocchio, ha cancellato la loro dignità lavorativa. Pensiamo anche che il nostro aiuto possa essere rivolto ai più piccoli. A quelli rimasti orfani. Abbiamo immaginato di accoglierli a Palermo e consentire loro di trascorrere un periodo estivo in qualche struttura come un campus”.

In foto profughi siriani

Torniamo alle donne. Quali progetti ci sono in cantiere?

“C’è sempre tanto in cantiere. Ne dico una per tutte. Abbiamo deciso, d’accordo con il Presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo, Toti Amato, di istituire dei centri antiviolenza dislocati nelle sedi provinciali dell’Ordine dei Medici in tutta la Sicilia. Partiamo da un dato: il 60 per cento dei medici della regione sono donne. La cronaca ci racconta di aggressioni subite proprio sul posto di lavoro. Pensiamo alle donne medico che hanno subito violenze in servizio nelle guardie mediche. Ma il nostro pensiero è rivolto anche questa volta agli uomini. Aggressioni all’ordine del giorno nei pronto soccorso. La loro è una categoria a rischio. Grazie alla sensibilità di Toti Amato avremo il supporto della categoria che rappresenta e offriremo il nostro sostegno per formare volontari che raccolgano le testimonianze di chi ha subito violenze. È nostro intendimento anche costituire centri antiviolenza all’interno delle Prefetture. Un lavoro che richiederà un notevole dispendio di energie, ma siamo certi di riuscire a raggiungere, anche questa volta, un risultato determinante nell’ottica del miglioramento delle condizioni lavorative”.

Nella foto il Presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo, Toti Amato

Nella fucina di idee e progetti dell’Associazione Fiori d’Acciaio c’è tanto altro. Iniziative in itinere di prossima realizzazione. Marcella Cannariato è, però, una donna di fatti e concretezze. E solo quando ci saranno elementi per cui raccontarne sarà la prima a rendere ogni cosa pubblica. Prima di congedarsi, però, dall’intervista vuole dire la sua sul femminismo. Su come e quanto sia cambiato il modo per una donna di essere e fare la femminista. “Non basta condannare gli abusi sessuali e credere nel semplice principio che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini per potersi dichiarare femministe. Le donne non possono fermarsi solo a chiedere aiuto ai governi e alla chiesa per domandare loro di essere incluse. Oggi più che mai è necessario che le donne realizzino i propri circuiti politici, economici e religiosi. L’eterno dibattito sulle quote rosa – sottolinea Cannariato – dovrebbe stimolare una riflessione più approfondita. Non basta chiederle, non basta pretenderle. Le donne si chiedano perché sia così difficile accedervi, quali siano i reali ostacoli e i pregiudizi culturali che spesso affiorano. Creare un sistema di welfare solido e presente, che permetta di creare famiglie con strumenti di sostegno. Promuovere leggi più consone alle esigenze contemporanee e meno ad personam. Un cambiamento che dovrebbe iniziare in primis – conclude la Presidente di Fiori d’Acciaio – proprio dalle madri che hanno il compito di educare i loro figli. Un procedimento lungo che richiede tempo ed energia”.

C.L.

 

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