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Siamo in pandemia politica. I Forconi pronti a riaccendere la protesta?

"Sono passati 9 anni dalla mobilitazione che bloccò l'Isola, ma la situazione è solo peggiorata"

«Noi il sedici Gennaio del 2012 ce lo ricordiamo. La politica attuale nazionale e regionale ci fa venire la nostalgia di quelle giornate. E ci stiamo chiedendo come, quando e cosa fare per riorganizzarci» Era il 16 gennaio del 2012 quando i Forconi, con in testa Mariano Ferro, organizzarono un’incredibile mobilitazione in tutta la Sicilia per protestare contro il sistema. In questo link il video della manifestazione che venne organizzata a Donnalucata
Oggi i Forconi . che non sono più bene organizzati come allora, ma conservano comunque uno zoccolo duro formato da piccoli imprenditori arrabbiati – sono pronti a ritornare e riprendersi la scena. Lo spiegano attraverso un comunicato stampa che inizia parlando dell’attuale crisi legata alla pandemia, ma ripercorre quasi un decennio (da quelle proteste) in cui nulla è cambiato.
«Eravamo – si legge nel comunicato – gli ultimi della lista nove anni fa e siamo gli ultimi di tutte le classifiche oggi. Chi pagherà il conto? A chi addosseranno questa volta le colpe sull’arretratezza di questa terra? Il rimpallo di responsabilità è già iniziato da mesi ma potrà bastare lo scaricabarile di sempre?
Sono domande che ci facciamo tutti i giorni. Il sedici Gennaio per noi Forconi è la data che nove anni fa diede inizio alla sollevazione di quella parte di siciliani che non ne potevano più e che crediamo che oggi sia solo cresciuta. La ricordiamo con due sentimenti diversi. Da una parte, con grande umiltà, l’orgoglio di avere compiuto un tentativo molto spartano, magari raffazzonato di aver fatto emergere la stanchezza dei siciliani di sentirsi un popolo abbandonato, di avere evidenziato prima di tanti altri i segnali pericolosi che venivano dall’allora incombente globalizzazione, di avere puntato il dito sul sempre crescente divario tra nord e sud e sul rischio, già allora concreto, di vedere la Sicilia terra senza giovani. Dall’altra il sentimento crudo dell’amarezza di avere avuto a che fare con l’indifferenza mascherata degli eletti e spesso persino la totale strafottenza ampiamente dimostrata di una classe dirigente autoreferenziale e sconnessa dalla realtà. L’obiettivo era quello di correre ai ripari e sollecitare soluzioni. Sono passati nove anni da quel 2012. Allora pensavamo di avere toccato il fondo e invece oggi, che siamo in piena pandemia, nell’arretratezza sempre più a raschiare quel fondo come una vite senza fine. Ci avevano promesso addirittura strumentalizzando le parole di Paolo Borsellino che sarebbe diventata una terra bellissima e invece tra i morti nei sacchi di plastica e gli intubati nelle terapie intensive il Governo regionale pensa al rimpasto e flirta con chi ci ha sputati, disprezzati e insultati per decenni. Brutto destino, zero prospettive. E così a distanza di nove anni, anziché parlare di ponte sullo stretto, di alta velocità, di doppio binario, di anello autostradale, di porti, di hub internazionali, di sanità, di attività produttive, di insularità, di rapporti con l’Europa, di agevolazioni sui carburanti, di agricoltura e turismo ci ritroviamo a parlare di un paese disastrato e soprattutto di una Sicilia che potrebbe diventare una colonia padana o discarica di scorie nucleari. È questa la storia di questi anni, da Cuffaro a Lombardo, dalla sinistra Crocettiana alla destra Musumeciana in venti anni non è cambiato assolutamente nulla, non è cambiata la qualità degli uomini, gli uomini di potere di Cuffaro, Lombardo e Crocetta sono ancora gli uomini di potere di Musumeci, le elezioni si vincono così, la farsa continua e questa terra affonda. Si può sempre solo subire e non reagire? Non ora, ma non appena si potrà ci saremo per dire la nostra, la Sicilia non è assolutamente “cosa loro”, la Sicilia è solo di cinque milioni di Siciliani».
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