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Ragusa, Pasquetta amara per diverse famiglie: senza buono alimentare per l’emergenza e senza dignità

Tra i vecchi indigenti vari nuclei hanno atteso invano. I nuovi richiedenti ‘schedati’ dai Servizi sociali e ‘interrogati’ sui bisogni: e l’impiegato comunale decide la lista della spesa, oltre i criteri del decreto nazionale

(13 aprile 2020)

Nella settimana che ha preceduto la Pasqua è andata a regime l’attività di erogazione dei buoni alimentari finanziati dallo Stato con 400 milioni di euro messi nelle mani dei sindaci, lasciati liberi di scegliere le modalità migliori di selezione dei beneficiari e di distribuzione.

In Sicilia oltre 40 milioni di euro, in provincia di Ragusa 2 milioni e 850 mila euro (a Vittoria la fetta più grossa, 647 mila; 538 mila al capoluogo).

Ogni comune ha scelto un proprio metodo e dalla città di Ragusa ci giungono diverse segnalazioni di delusione, disagio, malcontento.

E’ accaduto che diverse famiglie siano rimaste con la dispensa e il frigorifero vuoti fino ad oggi giorno di Pasquetta perché pur avendo chiesto da molti giorni il buono, sono ancora in attesa.

E non perché non abbiano i requisiti previsti dall’avviso diramato da palazzo dell’Aquila, ma, semplicemente perché, nel caso degli indigenti ‘ante-coronavirus’, i Servizi sociali del Comune si limitano a girare la segnalazione alla Caritas che gestisce in totale autonomia l’intervento. E così mentre ad alcuni la spesa è arrivata subito dopo la richiesta, altri – in condizioni di estremo bisogno come le famiglie alle quali ha dovuto provvedere la generosità privata di vicini e conoscenti – attendono ancora. Perché tutto ciò? Magari gli operatori della Caritas, comunque una realtà privata, sono animati dalle migliori intenzioni ma a quali regole di cronologia delle domande, di parità di trattamento e di trasparenza, sono tenuti, visto che l’istituzione pubblica, per questi indigenti già noti, si limita a girare la richiesta?

Poi ci sono i ‘nuovi indigenti’, dei quali si occupano direttamente i Servizi sociali, secondo le procedure indicate nell’avviso la cui applicazione concreta in molti casi diventa mortificante.

Chi chiede aiuto, per la prima volta, proprio come ‘vittima’ della crisi economica da coronavirus, viene schedato, sottoposto a interrogatorio sul perché dello stato di bisogno e sulla ‘effettiva’ necessità dei prodotti da acquistare. Dopodichè, se tutto va bene, ottiene una lista, decisa e controfirmata dal Comune, di tali prodotti e, con questo lasciapassare, potrà mettere qualcosa in frigo.

E’ lo ‘Stato sociale’ al tempo del coronavirus: generosità annunciata e dignità negata!

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