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La Sicilia scommette sulla pianta del guayule

A dirigere la sperimentazione l’Eni, l’Esa e l’Università di Palermo

Buoni risultati dalla sperimentazione nata dall’accordo tra la Regione siciliana, l’Esa, l’Eni (Versalis) e l’Università di Palermo. Il progetto, nato nel 2016 da un accordo tra l’Ente per lo sviluppo agricolo e Versalis (Eni), consiste nella coltivazione e nella trasformazione di una pianta (parthenium – argentatum) utile alla produzione di gomma naturale e di altri derivati industriali.

L’Eni è intervenuta nel progetto attraverso il suo braccio green di tecnica vegetale che è Versalis.; la Regione siciliana, invece, attraverso l’Esa.

A raccontarci dei dettagli del progetto di sperimentazione è l’agronomo Giuseppe Zaffuto del Dipartimento di Scienze agronomiche dell’Università di Palermo e responsabile tecnico dell’azienda sperimentale Sparacia; di proprietà dell’Esa, attraverso una convenzione (datata1967) l’Università svolge lì le sue sperimentazioni.

La pianta del guayule è una pianta estensiva e, come tale, non poteva essere piantumata nel litorale ma nelle aree interne per non togliere spazio ad altre coltivazioni. Ad accorgersene e a sostenerlo, nel corso dei primi incontri tra i diversi partner, è lo stesso Zaffuto.

“Il mio contributo volontario al progetto comincia proprio dalla mia proposta di spostare la sperimentazione dalle zone di mare a quelle interne della Sicilia. È qui che possono crearsi spazi per le future start-up. Nelle aree come quella di Sparacia la coltivazione di questa pianta potrà rendere eccellenti risultati; offrendo tra l’altro opportunità economiche laddove non vi sono alternative colturali di alto reddito”.

Sono di questi giorni i nuovi risultati delle analisi qualitative della biomassa ed è per questa ragione che i partner stanno programmando una nuova piantumazione che si avvicini più ai sistemi agronomici tipici del centro Sicilia. L’Eni ha, tra l’altro, stipulato con l’Università di Palermo delle convenzioni, sia in termini di analisi biochimiche che di rilievi fenologici, biometrici e di studi sulla vocazione del territorio siciliano.

“Il progetto è articolato in tre fasi. La prima riguarda la realizzazione della filiera agricola – continua Zaffuto – , con un potenziale di 5.000 ettari coltivati in Sicilia, la valutazione dell’impianto di produzione, per una capacità di 5.000 tonnellate all’anno e la definizione delle infrastrutture necessarie. In questi giorni si registra la posizione del Governo che vorrebbe la chiusura dell’Esa. Tutto questo lavoro correrebbe il serio rischio di perdersi per strada. Basterebbe riflettere su un semplicissimo aspetto: la presenza dell’Eni in questa sperimentazione. Una garanzia che dovrebbe lasciare lavorare, senza alcun tipo di preoccupazione, i soggetti interessati. Ciò che voglio dire – conclude Zaffuto – è molto semplice, se l’Università di Palermo, l’Eni, la Bridgestone e l’Esa continuano dal 2016 a lavorare a questo progetto dovrebbe apparire chiaro a tutti che siamo prossimi a raccogliere i frutti di un successo assicurato”.

C.L.

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